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Paolo Rumiz scrive un poema che ricorda le sonorità de La cotogna di Istanbul, ma al tempo stesso, nel richiamare il mito della fondazione del nostro continente, si interroga sulle sue origini, sui suoi valori, sui suoi strappi e sulle sue lacerazioni: in un dittico ideale con Il filo infinito.
«Ormai attraversava il mare libero senza né sbarre né reticolati. Sapeva sostenere tutta sola il peso del soffitto della notte.»
L'Europa, imbarbarita e senz'anima, ha dimenticato le sue origini e persino il suo nome. Per ritrovarlo, quattro Argonauti occidentali – nomadi incalliti – battono il Mediterraneo su una barca ultracentenaria portatrice di una grande storia. Sulle coste del Libano, prendono a bordo una giovane profuga siriana di nome Europa, che chiede di fuggire con loro verso ovest. Da quel momento, rivive in lei la leggenda della principessa fenicia rapita da Giove-toro, mentre il viaggio attraversa le meraviglie del mare aperto ma anche la deriva di un mondo fuori controllo: naufragi, emigrazioni e turismo di massa, conflitti, pestilenze, incendi e alluvioni. Ingravidata in sogno dal re degli dei, la ragazza si svela come la Grande Madre e, nel vedere per la prima volta la sua nuova terraferma, esprime la propria gioia in modo tale che i compagni, commossi, decidono di dare al continente il nome di lei. La sua epopea li aiuterà a comprendere il senso della loro patria comune: Europa è «il sogno di chi non ce l'ha», di chi viene da lontano, non di chi la abita. Ma soprattutto Europa è femmina, è una figlia dell'Asia, è una donna benedetta dagli dei, e forse la capostipite di tutti i migrati. In un trittico ideale con Il filo infinito e con i versi dedicati all'eroina de La cotogna di Istanbul, Paolo Rumiz riscrive al femminile l'epica del nostro continente, mescolando mito, viaggio, storia e mistero alle tragedie dell'attualità. È un libro scritto di notte, questo, come tiene a precisare il suo autore, e non è un dettaglio: nel buio, attorno al fuoco, sono nati i racconti delle nostre radici. Di queste narrazioni fondanti Canto per Europa ha il ritmo e il respiro.
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Il titolo è un'accorata dichiarazione d' amore ad una bellissima Europa dai capelli corvini. Non è creatura, ma creatrice, gravida del toro divino è anche madre dei fuggiaschi, legata a Mnemosine e San Nicola, ad Ulisse ed a Ventotene. Europa ha un'anima viaggiante, è incarnazione del sogno di una patria, è sospesa tra passato e presente, tra mito e realtà. Il ritmo poetico delle parole richiama agli aedi, ai racconti orali, alle voci dei luoghi. Occorre lasciarsi cullare in questa traversata, accompagnati dal suono delle onde. Così sia, cara Europa: "ora tocca ai tuoi figli ripartire..."
Un moderno viaggio epico tra il mito classico e l'attualità del Mediterraneo di oggi. Scritto con maestria, è una lettura molto coinvolgente.
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