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Ha un sapore paesano, provinciale non nel senso snob, che ravvisa il lacuale Vitali, per dire, però non così superficialmente banalotto, ripetitivo e noioso. Simpatico sì, anche se a volte un po' caricato che ti vedi i 'bimbi' del BarLume annaspare nella prosa del Naspini. Ma il gergo regionale toscano alla Pieraccioni, viene abilmente dribblato e superato nei contenuti di ben altro spessore, ben articolati e sovente pervasi di intensa drammaticità e cinismo, il che non guasta affatto, mentre la forma si mantiene leggera e fluida. Ed è sostanzialmente per questa dimensione espressiva, affrancata dai vincoli perbenisti e neobacchettoni contemporanei e per qualche buon riferimento letterario che mi è parso scorgere**, che mi sono sentita parecchio a mio agio, e allora ne sparo un'altra: che Naspini, con questi suoi Racconti (sebbene indipendenti comunque interconnessi), possa diventare il nostro piccolo Čechov contemporaneo? **Non è che magari per il "malcontento" del titolo si è riferito al "discontent" del famoso incipit shakespeariano?: "Now is the winter of our 'discontent' [...]" - Richard III
Ci ho provato con il mio primo Naspini, dopo averne sentito parlare tanto e bene. Ecco non fa per me, non so se questo romanzo in particolare, in cui c’è tutto di troppo, a partire dai personaggi (una miriade di esistenze e di macchiette), ma anche dalla lingua che spesso ricade nel vernacolo. Non so, l’ho trovato molto allungato, poteva darci una sfoltita l’autore. Non so, magari gli darò una seconda chance, sapendo che l’autore è molto versatile anche nei temi delle storie raccontate nei suoi romanzi.
Le Case: un borgo maremmano e le sue anime in pena, ognuna con il suo carico di sofferenza, rancore, povertà. L'autore dà voce ai pensieri degli abitanti, e la storia di ciascuno, anche se unica e personale, diventa un tutt'uno con quella degli altri, in un vortice di fango e disperazione. Perché Le Case è così: "ti mette al mondo e poi ti stermina". E allora sembra quasi che questi flussi di coscienza abbiano una funzione catartica, come a redimere (o giustificare) colpe ataviche prima che sopraggiunga la fine. Ma "per sciacquare la coscienza a questo posto non basterebbe la lava dell'inferno", e non c'è scampo per i suoi abitanti perché "la Maremma ha questo di tremendo: all'inizio si presenta con il muso bello, per entrarti nelle grazie. Poi non ti lascia più, mostrandosi per la belva che è ". E soprattutto non c'è rimedio per scrollarsi di dosso il destino che attende i personaggi: "Le Case è l'albero. I fatti della gente che ci abita dentro, i frutti marci". Voto 3,5.
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