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Con il suo sguardo radente sul reale, dove la scrittura offre al lettore un’originale declinazione quotidiana del lirico, la poesia di Antonella Anedda raggiunge ne Il catalogo della gioia, la più piena maturazione stilistica e poetica. La maggior parte dei versi di questa raccolta nasce nella cornice dell’isola della Maddalena, nell’isola di un’isola, in un ricercato spazio di esilio, di separazione, dove la poesia scopre il proprio timbro originario, quell’alternarsi repentino di aperture e chiusure del respiro, quella dimensione intermedia tra la scrittura e la vita che costituisce lo stile inconfondibile della poesia di Antonella Anedda.«Scrivendo mi ritraggo», afferma l’autrice, come se la poesia nascesse da un atto di sottrazione, quasi di sacrificio, anni luce distante dai narcisismi autocelebrativi dell’io. L’impronta di un intreccio fra respiro poetico e interrogazione filosofica marca in modo specifico il telaio di questa scrittura, che vuole forare la patina di estraneità che divide gli oggetti dalla loro manifestazione nel linguaggio. «Fra te e il mondo vedi di scegliere il mondo», mormorava a se stesso Franz Kafka. Analogamente ne Il catalogo della gioia Antonella Anedda, che dalla prosa dello scrittore praghese pare aver tratto molto, si affida al quadro abbagliante del reale, per sprofondare in esso come «acqua nel ghiaccio», alla ricerca di quel segno nascosto, di quel residuo di senso, che sono le ragioni stesse della sua poesia.
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