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Dettagli

1999
12 febbraio 1999
349 p.
9788815068064

Voce della critica


(recensione pubblicata per l'edizione del 1988)
recensione di Ferraris, M., L'Indice 1989, n. 7

L'idea di impolitico non si afferma con il venir meno della partecipazione politica, con la crisi delle ideologie o simili. È al contrario l'inflazione della dimensione politica, che pervade capillarmente ogni ambito di riflessione e di esperienza, a imporre alla filosofia contemporanea una riflessione sull'impolitico inteso come "il politico guardato dal suo confine esterno". Questa, a grandi linee, la tesi centrale dell'ultimo libro di Roberto Esposito, dove si ricostruisce il percorso storico del concetto di impolitico all'interno della filosofia del Novecento.
Di contro a Carl Schmitt e a Romano Guardini, che tentano di ovviare alla inflazione del politico con categorie che sono ancora intra-politiche (ricorso all'esperienza antropologica della polarità amico - nemico; identificazione teologica del politico con il Bene), l'atto di nascita dell'impolitico può essere forse ravvisato nel pensiero di Hannah Arendt: non è vero che la politica è la continuazione dell'amicizia sotto altre forme; tra l'esperienza antropologica e quella politica non esiste, alla fine, comune misura. La politica nasce anzi là dove l'amicizia e il dialogo tra eguali si concludono per dar vita a uno stato giuridico che si rapporta agli uomini come a sudditi e soggetti.
Di qui, contro ogni teologia politica, la "divaricazione radicale tra diritto e Giustizia " in Hermann Broch e Elias Canetti, che costituisce la stazione successiva della fenomenologia dell'impolitico. La politica non nasce dall'accordo tra gli uomini, bensì (seguendo le indicazioni della "Genealogia della morale" e di "Totem e tabù") dalla violenza. Cosi` che per Broch, al termine di un lungo periplo di pensiero che ostinatamente si era imposto di salvare la politica, la missione di Augusto e il poema di Virgilio, si giunge a considerare "la morte della politica, cioè la politica come morte"; e in Canetti l'idea benevola dell'uomo come 'zoon politikòn' si volta in negativo di fronte al nesso potere - sopravvivenza, vincolo primario e non mediabile, che si risolve necessariamente in una antropologia negativa e niente affatto colloquiale. "Come mangiare senza uccidere? Come crescere senza mangiare? Come vivere senza crescere? In uno: come vivere senza sopravvivere? "
Qui il ritorno a Hobbes è di segno puramente negativo. Ma d'altra parte come è pensabile una presa di congedo dal politico che non si configuri a sua volta nei termini di una decisione politica? La politica dell'ascesi di Simone Weil, che pone il proprio fine non nell'acquisizione del potere, ma nell'impotenza volontariamente perseguita, testimonia in pieno questa difficoltà, proprio nella misura in cui la 'noluntas' si configura comunque come l'atto intenzionale di una soggettività volontaria - e Nietzsche ci ha mostrato quanta volontà di potenza presieda alla genesi degli ideali ascetici. Questa aporia è ancora più evidente nella estremizzazione del discorso weiliano in Georges Bataille. Bataille compie e dissolve l'impolitico. Se il politico come totalità dell'esperienza è necessariamente male, e non lascia spazio per alcun bene, l'impolitico può esistere solo come negativo assoluto, ossia si dà solo cancellandosi. La vera comunità non è la città politica impegnata nell'accrescimento della vita ma è piuttosto una comunità inconfessabile, la solidarietà dell'essere-per-la-morte, come rifiuto del politico e delle sue promesse. I cittadini di Numanzia (cioè i comunisti nella guerra di Spagna), che si uccidono pur di non cedere ai romani, divengono l'annuncio di una comunità autentica perché impolitica.
Qui si chiude il libro di Esposito, che mantiene la consegna di una ricostruzione storica. Resta però aperto il problema teorico: la comunità come essere-per-la-morte non sarà forse ancora il semplice rovescio della politica? La morte unanimemente scelta non è forse l'esempio di uno stoicismo greco, stilizzato e politico? non è forse ancora conforme allo stereotipo di Socrate morente, il nuovo ideale della gioventù ateniese che dilagò per il mondo antico, informando l''ethos' di quei generali romani mandati a stringere d'assedio Numanzia?

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Conosci l'autore

Roberto Esposito

1950, Napoli

Insegna Filosofia teoretica presso l'Istituto Italiano di Scienze Umane. Tra le sue opere: "Categorie dell'impolitico" (1988); "Nove pensieri sulla politica" (1993); "L'origine della politica. Hannah Arendt o Simone Weil" (1996). Per Einaudi ha curato una raccolta di saggi di Leo Strauss "Gerusalemme ed Atene" (1998) e ha scritto "Communitas. Origine e destino della comunità" (1998 e 2006), "Immunitas. Protezione e negazione della vita" (2002), "Bíos"(2004), "Terza persona" (2007), "Pensiero vivente. Origine e attualità della filosofia italiana" (2010), "Due. La macchina della teologia politica e il posto del pensiero" (2013) e Termini della politica. Vol. 1: Comunità, immunità, biopolitica (Mimesis 2008, ristampa 2018).

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