Compositore franco-fiammingo.
Le vicende biografiche. È quasi certa la sua educazione, come fanciullo cantore, nella cattedrale di Cambrai. Tra il 1420 e il '26 fu al servizio della famiglia Malatesta a Pesaro e a Rimini, dove compose il mottetto Vasilissa ergo gaude, la chanson Resveillies vous e il mottetto Apostolo glorioso per la consacrazione di S. Andrea a Patrasso, di cui Pandolfo Malatesta era arcivescovo. Tra il 1426 e il '28, mentre svolgeva la sua attività di nuovo a Cambrai e forse a Parigi, compose la Missa Sancti Jacobi. Dal 1428 è certa la sua appartenenza alla cappella pontificia in qualità di cantore. Nei cinque anni della sua permanenza a Roma compose vari frammenti di messe, magnificat, inni per le funzioni della cappella e mottetti per le circostanze di rilievo (come il mottetto Ecclesiae militantis per l'elezione di Eugenio iv nel 1431), oltre a parecchie chansons francesi e italiane. Dal 1433 al '35 fu a Torino, alla corte di Ludovico di Savoia; dal 1435 al '37 prestò di nuovo la sua opera al servizio del papa a Firenze e Bologna. Nel 1436 scrisse il mottetto Nuper rosarum flores, per l'inaugurazione della cupola di S. Maria del Fiore: un avvenimento eccezionale, registrato dalle cronache del tempo, alcune delle quali riferiscono anche della musica di D., tanto fu sentita adeguata alla solennità dell'evento e alla grandiosità dell'edificio, le cui proporzioni architettoniche si riflettono a vari livelli nella struttura del mottetto (ad es. nel rapporto «aureo» che regola la disposizione delle frasi musicali). Sempre a Firenze e alle donne fiorentine dedicò i mottetti profani Salve flos Tuscae e Mirandes parit. Nello stesso periodo fu nominato canonico della cattedrale di Cambrai. Poco si sa degli anni 1437-50, durante i quali D. dovette viaggiare molto: è documentata la sua presenza saltuaria alla corte dei Savoia (Pinerolo e Torino, dove ricevette il baccellierato in diritto), a Berna, Bruxelles, Mons, Digione. Dal 1450 la sua dimora abituale fu Cambrai, che pare non abbia più lasciato nell'ultimo decennio della sua vita. Uomo di grande cultura, D. assorbì tutte le esperienze musicali contemporanee, rappresentando con Dunstable, ma con una maggior capacità di sintesi personale, la fase stilistica che conclude il medioevo e apre l'età del rinascimento. Più che inventare nuove tecniche (significative novità si trovano perlopiù nelle ultime composizioni), D. portò a rara perfezione lo stile e il linguaggio musicale invalsi al suo tempo e proprio per questo fu il più celebrato fra i contemporanei. Ma seppe anche infondervi una sensibilità nuova: trasformò il tempo simbolico ordinato sulla pagina scritta in una temporalità musicale viva, capace di suscitare immagini ed emozioni negli ascoltatori, e tradusse in gesti percepibili, nella plasticità delle frasi e nell'evidenza delle melodie, le sottigliezze intellettuali del contrappunto, la geometria nascosta delle sue proporzioni e simmetrie.
La perfezione del contrappunto. chansons e mottetti. Nelle chansons (se ne conoscono 87), da collocare per lo più nel periodo giovanile, s'avvertono le influenze di G. de Machault e di F. Landino, risolte in una chiarezza e armoniosità di struttura tipicamente rinascimentale, come mostra fra tutte la stupenda Vergine bella (dalla prima stanza della canzone xlix di Petrarca). Il campo più adatto a spiegare il proprio magistero D. lo trovò, tuttavia, nel mottetto (ne restano 32, di cui otto profani) e nelle composizioni liturgiche varie (50, escludendo le messe). Egli trattò sia il mottetto basato sul principio dell'isoritmia, cioè vincolato nelle sue parti a una costante formula ritmica, sia il mottetto libero da schemi formali, in cui la voce superiore svolge la melodia mentre le inferiori fungono da accompagnamento contrappuntistico; il primo è ancora legato alla pratica del passato, il secondo aderisce al nuovo stile rinascimentale: ma entrambi, in D., sono pervasi da un grande lirismo.
Le messe. Analogamente, fra le sue messe (nove, di cui una dubbia) si possono distinguere quelle in cui sono liberamente adottate varie cantilene, da altre basate in ogni loro parte su un'unica melodia preesistente (detta «canto fermo» e affidata alla voce chiamata «tenor» in modo da presentare una forte unità tematica: questo tipo è denominato messa ciclica). Sono libere le messe Sine nomine, Sancti Jacobi e Sancti Antonii Viennensis; sono invece su tenor le messe Caput, La mort de Saint Gothard (dubbia), Se la face ay pale, L'homme armé, Ecce ancilla Domini, Ave Regina Coelorum, che prendono il titolo dal canto originario, sacro o profano, da cui deriva la melodia di base che funge da supporto a ogni parte della composizione. Nelle messe di D. emerge con mirabile compiutezza il nuovo ideale sonoro del rinascimento, che mira a esprimersi in armoniche architetture musicali e a vedere in esse non soltanto, o non più, un riflesso passivo di arcane geometrie celesti, ma il segno orgoglioso delle capacità ordinatrici della ragione umana. E cominciava ad affievolirsi, in D., l'antica distinzione di Boezio tra la «musica divina», espressione dell'armonia delle sfere, e la «musica humana», che nasceva dai sentimenti dell'animo, filtrati attraverso l'intelletto.