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La grandezza di Cézanne non fu intesa che tardi e male, in Italia. Ne dette conto, tra gli altri, Roberto Longhi, quando nel 1949 introdusse la prima edizione della Storia dell'impressionismo di John Rewald. Precisando i punti di contatto tra l'Impressionismo e il gusto degli italiani, Longhi in quella circostanza indicò, per Cézanne, soprattutto i nomi di due collezionisti, "Egisto Fabbri pittore fiorentino" e "Carletto Loeser", grazie ai quali in Italia, e segnatamente a Firenze, transitarono quasi cinquanta dipinti del maestro di Aix-en-Provence. Il catalogo della mostra ordinata nelle sale di Palazzo Strozzi analizza proprio queste due eccezionali collezioni, cresciute a Parigi, grazie ad alcuni felici acquisti compiuti presso il mercante Vollard, e presto arrivate a Firenze, dove Egisto Fabbri e Charles Loeser si erano trasferiti. Attraverso un buon numero di saggi il catalogo documenta con precisione le due serie di dipinti, dando l'esatta misura di un tesoro che l'Italia, con imperdonabile leggerezza, lasciò poi che uscisse dai propri confini e che fosse consegnato al mercato internazionale. Un interessante capitolo è dedicato alla formazione pittorica di Egisto Fabbri, maturata a New York in un clima di crescente attenzione per le novità impressioniste. Due appendici indagano infine il contributo che Fabbri e Loeser dettero alla conoscenza di Cézanne in Italia. Fu infatti grazie anche ai loro prestiti che Ardengo Soffici, nel 1910, riuscì a montare la famosa "Prima mostra italiana dell'Impressionismo" al Lyceum di Firenze; ancor più, i dipinti di Fabbri e Loeser servirono nel 1920, quando la Biennale di Venezia dedicò una retrospettiva a Cézanne, offrendo finalmente al pubblico e agli artisti italiani la possibilità di confrontarsi con le opere di uno dei maggiori maestri della tradizione moderna.
Mattia Patti
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