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Recensioni La Cina non era vicina. «Servire il popolo» e il maoismo all'italiana

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Sul sessantotto italiano soffia il vento della Cina di Mao. E dalle suggestioni di un'idea alternativa di comunismo nasce uno dei gruppi più originali della sinistra extraparlamentare: l'Unione dei comunisti italiani (marxisti-leninisti), meglio conosciuta con il nome del loro giornale, "Servire il popolo". È una breve stagione, la loro, compresa tra il grande big bang della rivolta giovanile e la dissoluzione dell'autunno 1975, celebrata dal rito di addio, in 271 errori, del leader Aldo Brandirali. I "cinesi" italiani passeranno alla storia come quelli del matrimonio comunista, dell'asilo maoista, quelli che attiravano gli artisti e "servivano il pollo" anziché il popolo. Meno fascinosi e più dimenticabili, perché la militanza nell'Unione non costituisce pedigree, come accaduto per altri gruppi extraparlamentari che pure hanno segnato in modo ben più drammatico la storia d'Italia. Slanci generosi e vacue illusioni, dogmatismo e utopia, ori e tradimenti: la storia del maoismo all'italiana è stata tutto questo e molto di più. Una vicenda corale cui compaiono - protagonisti o comprimari - molti volti noti dell'Italia di oggi (da Michele Santoro a Renato Mannheimer, dai fratelli Pennacchi a Marco Bellocchio, da Lou Castel a Enzo Lo Giudice, da Barbara Pollastrini a Linda Lanzillotta): un piccolo esercito di sognatori che credeva di poter cambiare il mondo. )
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