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Il moderno recupero testuale ispira interventi drammaturgici dominati dalla ricerca di spazi intepretativi intesi a proiettare sulla scena del presente l'ambiguità della parola antica e lo spessore polimorfo del mito. Nel suo identikit di un regista Orsini segue la linea evolutiva di un fecondo interesse per la tragedia greca concretizzatosi nel 1987 anno in cui Martone mette in scena il Filottete intensificandone in senso moderno la tematica della solitudine; l'approdo critico dell'indagine pare consistere nella lettura incrociata dei Sette contro Tebe teatrali e di un capolavoro cinematografico quel Teatro di guerra (entrambi del 1996) dove le prove del dramma eschileo si innestano metatestualmente sulle trame quotidiane di attori e regista: Napoli e i suoi vicoli ossessivi configurano la più potente isotopia figurativa in grado di associare la forza della rappresentazione teatrale e l'occhio disincantato e spietato del mezzo cinematografico. In un altro volume pubblicato nel 2004 dallo stesso editore L'Orestea di Eschilo sulla scena moderna. Concezioni teoriche e realizzazioni sceniche Anton Bierl ripresenta invece l'Orestea con una ricostruzione tematica e storica focalizzandone le diverse modalità di ricezione; procede nella ricostruzione ravvisando da subito il rapporto della regia con la traduzione prescelta senza mai perdere di vista le motivazioni politiche sottese alle rappresentazioni contemporanee. Alla filologia non fa mancare così il vivace destro della teoria letteraria: coglie la caratura politica della messinscena ad esempio leggendo la centralità del parto della democrazia nella realizzazione di Peter Stein nella Berlino della Ddr (1980) o il lavoro su rituali gesti e segni dai teatri orientali sorretto dal pensiero di Foucault dietro la trilogia portata in scena da Ariane Mnouchkine (1990-1992).
Giulio Iacoli
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