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La storia di un’amicizia ineluttabile come il destino, fatta di amore profondo, rivalità, tradimenti. E della paura di ciascuna di scoprirsi nulla senza l’altra. Il fascino di un’ambientazione insolita e splendidamente evocata.
«Una storia di ambientazione, memoria e identità. Una visione cinematografica, ora panoramica, ora struggentemente intima, di un'epoca e di due vite indissolubilmente legate» - Kirkus Reviews
«Il Brasile di ieri e di oggi. Una scrittrice di talento, dotata di una grazia e un’intelligenza rare» - Los Angeles Review of Books
Ci sono amicizie che semplicemente accadono, come l'amore, come un destino a cui non possiamo sottrarci. Nel Brasile degli anni Trenta, Dores, orfana di nove anni, magra e perennemente affamata, è una sguattera nella cucina di Riacho Doce, la piantagione di canna da zucchero dei senhores Pimentel. Graça è l'unica figlia del ricco proprietario: intelligente, viziata, sempre pronta a trasgredire le regole. Nate in mondi che non potrebbero essere più distanti, Dores e Graça si avvicinano e si legano grazie a un'affinità misteriosa e alla passione per la musica. Le note saranno la loro lingua comune, la ragione del loro successo e della loro rivalità, il terreno accidentato ed esaltante d'impensabili trionfi e cadute vertiginose. L'unica via di fuga da due destini apparentemente già scritti. Dalle sterminate distese della pianura brasiliana ai quartieri più malfamati di Rio de Janeiro, fino alla Hollywood dell'epoca d'oro, "Come l'aria che respiri" è la storia di un'amicizia impossibile e indissolubile. Fatta di amore profondo, incomprensioni, tradimenti. E della paura di scoprirsi nulla senza l'altra.
«Se la mia vita si potesse ascoltare, se potessi suonarla su un giradischi come un LP consumato, sarebbe una samba. Non il samba chiassoso che si suona a carnevale. Non una di quelle stupide marchinhas, insipide ed effimere come bolle di sapone. E neanche la variante romantica e sommessa. No, il mio sarebbe un samba de roda, quello che suonavamo in cerchio dopo il lavoro e un paio di drink belli forti». A parlare è l’anziana Dor, la voce narrante del nuovo romanzo di Frances De Pontes Peebles, Come l’aria che respiri (519 pagine, 17 euro), pubblicato dalla casa editrice Dea Planeta e tradotto da Francesca Mastruzzo.
Dor è anche la co-protagonista di una storia d’amicizia che è anche una storia di lussuria, ribellione, ambizione, rimpianto e amore, soprattutto per la musica. Siamo nel Brasile degli anni Trenta e Dores (nome intero di Dor) è un’orfana di nove anni, una figlia di puta e una jega (così viene chiamata) che lavora come sguattera nella cucina di Riacho Doce, la piantagione di canna da zucchero dei signori Pimentel. La sua vita viene improvvisamente stravolta dall’arrivo di Graça, l’unica figlia del ricco proprietario, intelligente, viziata e, già da piccola, ribelle e ambiziosa. Dall’incontro nasce un sodalizio tra esseri che appartengono a due mondi completamente diversi, ma forte, solido e duraturo.
L’anello di congiunzione che avvicina e lega indissolubilmente i due mondi, solo apparentemente distanti, è la passione per l’arte dei suoni che spingerà le due bambine a scappare dalla piantagione, troppo stretta per le loro ambizioni, per raggiungere i quartieri più malfamati di Rio de Janeiro, fino ad Hollywood, e vivere di musica. Fondono un gruppo, conoscono il successo, sbarcano in America, fino a conoscere il declino. Dal momento della fuga, inizia un’esistenza fatta di avventure, ma anche di rivalità e tradimenti, di incomprensioni, che è tutta racchiusa nei loro nomi: “Dores”, che vuol dire dolore, sofferenza; Graça, grazia. Nonostante ciò, l’amore profondo durerà per tutta la vita al punto da scoprirsi nulla senza l’altra.
De Pontes Peebles sceglie di dare una struttura ben precisa al romanzo. Ogni capitolo è preceduto da quelle che, apparentemente, possono sembrare le strofe di una poesia e, in buona parte, lo sono: le strofe della vita poetica, a tratti maledetta, di Graça e Dor. In verità, sono i versi delle canzoni che Dor compone nei lunghi anni dedicati alla musica e che, in qualche modo, raccontano la vita delle due ragazze. De Pontes Peebles sa perfettamente che la letteratura e la narrativa non sono lì soltanto per raccontare qualcosa, ma anche per raccontarlo in un certo modo ed ecco, quindi, che per ogni idea o emozione nascono strofe di canzoni. Una fra tutte, dà il titolo al romanzo: L’aria che respiri. Qui prendono forma i sogni delle due amiche tra le innumerevoli difficoltà che incontrano rifugiandosi a Lapa, un quartiere “particolare” di Rio; c’è ancora la fiducia nell’idea che i sogni di bambini si realizzeranno e l’ingenua convinzione che la vita elargisca premi e difficoltà in modo equo.
Le prime esibizioni come cantanti, i primi spettacoli, l’entusiasmo e la promessa di diventare famose insieme, sempre insieme. «A Lapa la musica era una fede, un balsamo, era il mezzo con cui ci si rivolgeva agli dei e gli innamorati, con cui si omaggiavano gli amanti defunti e si corteggiavano quelli ancora vivi, era una consolazione nei momenti più bui e il modo per festeggiare i tempi migliori». Ben presto, però, i sogni lasceranno il posto alla disillusione.
Dor, nel suo racconto, ripercorre la sua vita e quella della sua amica, andata via troppo presto, attraverso la musica e le canzoni perché «Il suono non è mai soltanto suono. Il suono è memoria». Si susseguono i flash-backs, i ricordi nostalgici e malinconici di eventi passati, ma non mancano i flash-forwards con i quali la nostra narratrice interrompe la sequenza cronologica per anticipare gli eventi a cui il lettore sarà condotto nel prosieguo della storia. La musica si rivela l’ancora di salvezza, ma non tutta la musica: la samba de roda (basta leggere il capitolo-canzone Veniamo dalla samba) che designa un misto tra suono, danza, poesia e festa, ma soprattutto un movimento di innegabile valore sociale, come mezzo per contrastare il rifiuto sociale «Trasportata dalla corrente della musica, non avevo confini né fardelli. Ero tutto e non ero niente. Questo, scoprii, era l’effetto della roda».
La roda, il cerchio, assume un significato quasi sacrale, un rito “La roda è fatta per chi di noi suona, canta e compone. Chi non era parte della roda non esisteva”. La samba de roda è anche un lamento “è come ridere delle propria infelicità. E’ tenere per mano la solitudine e trascinarsi attraverso la musica, meravigliandoci di quanto patetici e al contempo gloriosi possiamo essere”. E’, allo stesso modo, ciò che tenterà di dividere Dor e Graça (“Graça aveva condiviso con me tutti quei momenti, ma la roda era soltanto mia”), oltre Vinicius, il musicista che sarà motivo di rivalità tra le due amiche. Il cerchio, però, rappresenta perfettamente il rapporto che le unisce: la compiutezza, l’unione, ciò che non ha rottura e cesura; un rapporto come una linea unica le cui estremità si ricongiungono per annullarsi l’una nell’altra. Nonostante le divergenze e gli ostacoli, quel cerchio diventa un limite magico invalicabile perché “nella roda non c’è rancore che non si possa dimenticare né ferite che non si possano rimarginare. La musica è la forma più alta di scambio”.
De Pontes Peebles, con il suo talento, ci regala una storia struggente e intima di due vite legate indissolubilmente, immergendo il lettore nelle atmosfere affascinanti del Brasile, dagli Trenta fino ai tempi più recenti, e raccontando un’epoca che ha visto nascere il samba, tra dittature e tentativi di censura.
Recensione di Arcangela Saverino
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