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Francesco Maria Guaccio fu un frate milanese del convento di Sant’Ambrogio ad Nemus, nato nell’ultimo quarto del Cinquecento e inviato nel 1605 a Clèves, quale consulente in materia di stregoneria nel processo intentato dall’Inquisizione contro il duca Guglielmo III. Ciò dimostra la sua precoce padronanza dell’argomento, che si estrinsecherà, tre anni dopo, nella prima edizione di un trattato riguardante “le azioni più nefande e nocive all’uomo” e i “rimedi atti ad evitarle”: il Compendium Maleficarum, appunto, molto bene accolto da gerarchia e clero. Negli anni seguenti Guaccio compose la Vita del beato Alberto Besozzo (1625), relativa a un preteso miracolo avvenuto sulle sponde del Lago Maggiore, e Il delineato prencipe libri tre, edito postumo nel 1643.Il grande successo ottenuto dal Compendium e la tragica temperie inaugurata dalla Guerra dei Trent’anni indussero il frate a pubblicare, molto ampliata, una nuova edizione del trattato: quella qui tradotta. Essa apparve a Milano nel 1626, “superiorum permissu”, quattro anni prima della peste e del processo agli untori (cui egli contribuì con la denuncia di alcune infelici, arse poi sul rogo, e con diretti e anticipatori accenni nel suo libro), sei prima dell’intimidazione del Sant’Ufficio a Galileo (23 settembre 1632) di presentarsi a Roma per esservi giudicato (marzo-giugno 1633). E’ dunque un testo più tempestivo e aggiornato del precedente, con ampie citazioni d’autori sacri e profani (anche classici), diviso in tre parti con perentorie asserzioni dottrinali seguite da un corredo numeroso, variopinto, e per lo più crudo e crudele, di esempi tratti dall’attualità, culminante in un’appendice esorcistica d’impressionante e fosca energia.
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