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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2007
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La scuola, luogo privilegiato della trasmissione dei saperi, si trova, oggi più che mai, al crocevia di una serie di urgenze di elaborazione e di mediazione critica, di educazione e di impegno didattico, al centro di faticosi processi interdialogici in cui l'insegnare a conoscere, comprendere, capire e giudicare è in connessione con l'incontro/scontro di una quotidianità sempre più incalzante nelle sue sorprese, nelle sue provocazioni, dove la cultura del libro subisce la forte concorrenza di schemi interpretativi rivolti più alla cattura del consenso che all'indipendenza di giudizio.
Sicuramente l'atto del comunicare attiva percorsi di riflessione che incrementano la "conversazione con se stessi e con gli altri", sicuramente la scuola può e deve insegnare una comunicazione formativa, educando al senso dell'alterità, consegnando all'allievo la competenza tecnica delle discipline non disgiunta dall'educazione al futuro, al servizio della costruzione di rapporti didattici soddisfacenti. Certo, una corretta comunicazione ha luogo solo quando è "intenzionale", ossia volta a tener conto della reciprocità del rapporto, quando cioè il docente ponga alla base della propria didattica "l'aspetto relazionale, quello cognitivo-didattico, e quello organizzativo", e sia capace di ascoltare le dinamiche interne della classe, capace di motivare i propri allievi allo studio, in una relazione educativa che sia tramite di formazione umana anche attraverso forme di socializzazione in grado di "sentire l'altro".
Tutte queste ragioni, che nel volume trovano articolata presentazione, con corredo antologico, in ogni capitolo, di singole voci di specialisti, solo in parte soddisfano le vere esigenze della scuola, che oggi conosce una pericolosa deriva. La scuola va fondata sulla classe come comunità di ricerca e di crescita, sulla figura dell'insegnante come intellettuale e come mediatore di culture, sulla costruzione di una civiltà del dialogo che potenzi le capacità espressive e di un'etica che promuova il libero confronto delle idee.
E se è vero che il problema dell'attività culturale investe la scuola e i suoi curricula, e si amplia fino a investire tutte le forme sociali, sulla base di "saperi che creano democrazia", non va dimenticato il necessario "rigore etico" con cui il docente deve porsi di fronte ai destinatari dell'insegnamento, perché la scuola non sia subordinata a criteri economici e non si trasformi in una sorta di attività manageriale e di supermarket. Tralasciando la funzione intellettuale del professore mediatore di interpretazioni e di culture e trascurando il campo della responsabilità storica e morale che si associa al momento ermeneutico e al libero conflitto delle diverse posizioni, si avvia un inarrestabile deterioramento dell'istruzione.
Rivediamo pure le materie di insegnamento e le modalità attraverso cui queste vanno comunicate, ma è solo a partire dai saperi chiaramente e rigorosamente consegnati che è possibile educare al "senso della condivisione" e formare alla "cittadinanza democratica", insomma, esercitare "l'arte della docenza, non solo la professione insegnante". Gabriella De Blasio
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