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Cuore tifoso. Roma-Lazio 1979. «Un razzo ha distrutto la mia famiglia» Gabriele Paparelli racconta - Maurizio Martucci - copertina
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Cuore tifoso. Roma-Lazio 1979. «Un razzo ha distrutto la mia famiglia» Gabriele Paparelli racconta - Maurizio Martucci - copertina
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Descrizione


Roma, Stadio Olimpico, domenica 28 Ottobre 1979, incontro Roma-Lazio. I coniugi Paparelli, giovani romani sostenitori biancocelesti, entrano in Curva Nord per assistere al derby. L'attesa spasmodica dell'ingresso in campo di squadre, il clima bollente delle tifoserie organizzate, i cori dei primi gruppi ultras, il rullio dei tamburi, gli striscioni al fulmicotone per gli avversari. A circa un'ora dal fischio d'inizio, dalla Curva Sud giallorossa vennero sparati in sequenza due razzi nautici ad alto potenziale. Volteggiarono in aria per oltre 200 metri, attraversando tutto il rettangolo di gioco. Il secondo razzo colpì mortalmente al volto Vincenzo Paparelli, 33 anni, padre di due bambini. Fu il primo caso in Italia di un tifoso morto in uno stadio di calcio. A trent'anni di distanza dalla tragedia, per la prima volta suo figlio Gabriele racconta insieme alla mamma Vanda come la loro vita sia stata spezzata per sempre da quel gesto sconsiderato. Una domenica di follia, una morte assurda, una storia incredibile. Ripercorsa tutta d'un fiato. Per non dimenticare.
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Dettagli

2009
1 ottobre 2009
224 p., ill. , Brossura
9788881248629

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marco
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Martucci, come è nato l’incontro con Gabriele Paparelli? "Mi ha chiamato nel dicembre del 2008 perché aveva letto alcuni miei libri. Sono rimasto colpito da Gabriele perché è un portatore sano di una vicenda tragica e dimenticata. Tutto quel vissuto, inedito e sconosciuto, è diventato il nostro progetto editoriale. La vicenda Paparelli è una sorta di Araba Fenice che scompare e ricompare dalle proprie ceneri per poi tornare nel dimenticatoio. Lo testimonia il fatto che nessuno avesse mai scritto un libro sulla tragedia di Vincenzo Paparelli e in tanti, soprattutto i più giovani, non conoscono la sua storia".Chi era Vincenzo Paparelli? "Era un uomo del popolo, un operaio e un figlio della Roma degli anni Settanta. Aveva un'officina a conduzione familiare, si era costruito una casa e lavorava duro per comprarsi il primo televisore e la macchina o per fare la sua prima vacanza. La sua era una famiglia tipica della periferia romana di quegli anni. E poi era innamorato follemente della Lazio".La sua tragedia è figlia di quegli anni? "Sicuramente sì. E' stato un omicidio non voluto però, nella sua casualità, figlio degli anni Settanta. Tutto il contesto di odio e scontro portava a scrivere sui muri slogan come 'uccidere un fascista non è reato' oppure 'morte ai comunisti' e contemporaneamente '10, 100, 1000 Taccola' oppure '10, 100, 1000 Re Cecconi' (giocatori di Roma e Lazio scomparsi in quegli anni ndr). Questi erano i toni dello scontro dialettico dei giovani che vivevano a Roma".Slogan che colpirono anche i Paparelli. "Soffocata la tragedia familiare, Vincenzo Paparelli è diventato una icona da sbeffeggiare per offendere i laziali. La signora Vanda, moglie di Vincenzo e mamma di Gabriele, è quella che ha sofferto più di tutti. Si è trovata al centro di un conflitto generazionale fatto di telefonate notturne con insulti, scritte sui muri sotto casa e macabri stornelli. Per lei è stato uno shock traumatico e porta ancora le cicatrici. Non riesce ad avvicinarsi allo stadio"

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