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Lungi dal voler dar vita a un "marxismo di riconquista" e nella convinzione che un filone autenticamente marxiano (e non marxista) abbia attraversato, seppure in maniera carsica, tutto il Novecento, la presente raccolta, come afferma Riccardo Bellofiore, si pone l'obiettivo di "tornare al metodo e allo stile intellettuale di Marx, e alle sue domande teoriche", sulla scia del convegno I marxismi italiani del Novecento. Bilanci, prospettive, sfide, tenutosi a Bergamo il 18 novembre 2005 in occasione della pubblicazione della Storia dei marxismi in Italia di Cristina Corradi (manifestolibri, 2005; cfr. "L'Indice", 2006, n. 2).
Un primo dato che emerge, al di là della complessità teorica e della specificità dei vari saggi, nonché dei diversi punti di vista assunti dai singoli autori, è innanzitutto il destino al quale andò incontro il pensiero di Marx in Italia, anomalo rispetto a quanto avvenne, ad esempio, in Francia o in Germania. Profondamente segnato dal dualismo di matrice crociana tra "scienze della natura" e "scienze dello spirito" e dal predominio dello storicismo e dello hegelismo, come ben sottolinea Maria Turchetto, il marxismo fu letto in un primo momento in chiave positivistica ed evoluzionistica, per divenire solo in una seconda fase, analizzata da Rosario Patalano, una dottrina autonoma, sotto la spinta perlopiù di contingenze politiche più che di motivazioni culturali e teoriche. Un ulteriore aspetto della ricezione di Marx in Italia fu la sua scarsa incidenza nell'ambito dell'economia politica e la sostanziale disattenzione verso il Capitale, che, secondo le analisi di Turchetto, di Roberto Finelli, di Stefano Perri e di Giorgio Gattei, rappresenterebbe la cifra decisiva dei marxismi dell'età repubblicana. Altro nodo cruciale fu la problematicità del rapporto tra Marx e Hegel, che diede vita a soluzioni eterogenee, oltre che a una vivace querelle negli ambienti intellettuali (si pensi a Cesare Luporini e Galvano Della Volpe), come mostrano Roberto Fineschi e Raffaele Sbardella.
Uno degli snodi fondamentali del volume, che privilegia nel complesso le vicende a cavallo tra anni sessanta e settanta, a partire dal densissimo contributo di Adelino Zanini sui fondamenti filosofici della riflessione operaistica di quel periodo, è costituito dalla questione della "crisi del marxismo", che Cristina Corradi imputa al conformismo intellettuale e all'opportunismo politico della sinistra italiana, che in tal modo avrebbe perso la propria autonomia rispetto alle tradizioni liberale e cattolico-popolare. Al contrario, Vittorio Rieser ne rintraccia i germi nella crisi dello stalinismo e nello sviluppo del capitalismo italiano. Gli anni settanta si pongono come crocevia per le sorti del marxismo italiano, segnato, secondo Daniele Balicco, a partire da questo momento, da una progressiva divaricazione tra riflessione marxista e pratica politica, rimaste strettamente correlate nelle riflessioni della decade precedente. Anche Fausto Bertinotti riconosce negli anni settanta una svolta fondamentale, tanto culturale quanto politica, e, alla luce della globalizzazione capitalistica, propone un recupero del marxismo in quanto teoria pratica del trascendimento dell'ordine esistente.
Enrica Fabbri
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