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Le rappresentazioni della Passione di Cristo, che prevedono ruoli «teatrali» definiti e culminano nel momento della Crocefissione alla presenza fondamentale della Vergine, sono per noi una realtà di fatto, fosse acquisita per informazione indiretta e non esperita personalmente. Ma quando e come sono nate (e si sono sviluppate) queste pratiche collettive, diverse e distinte dalle celebrazioni liturgiche? Questa domanda sembra alla base del monumentale saggio di Carla Bino. All’interno di questa produzione – legata alle confraternite di disciplini dell’Italia del Nord – due elementi ricoprono centralità irrinunciabile: la «puntuale e realistica descrizione delle violenze perpetrate su Cristo e il pianto inconsolabile di sua Madre». Entrambi – nota la studiosa nella sua introduzione – sono assenti dal racconto evangelico, che omette del tutto il dolore della Vergine e offre della stessa Crocefissione una narrazione scarna e priva di dettagli. Da questo scarto nasce l’ossatura del documentatissimo volume, che – attraverso l’utilizzo interdisciplinare di scienze diversissime tra loro – prende avvio proprio dalla «devozione per l’Umanità del Signore che, a partire dal IX secolo, pone sempre di più l’attenzione sulla carne sofferente del Dio-Uomo facendone il cuore della spiritualità occidentale» e che nel tardo Medioevo dà luogo a quel «pianger la passione» come «tratto specifico della produzione laudistica italiana». I cinque capitoli in cui è suddiviso questo affascinante percorso indagano i presupposti teologici e spirituali, le matrici letterarie e poetiche, il fine cui tendeva la "rivoluzione drammaturgica delle lacrime" che articola il racconto passionista a partire dal XII secolo. Leonardo Mello
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