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Mai, mai interamente soli, mai sul serio liberi dall'Altro, dall'incontro, dal vincolo, dall'esperienza, dalla vita. Ecco un testo eccezionale, originalissimo, gli uomini nel seno degli eventi, giocati dal dolore della storia, dai tormentosi disagi delle scelte, dalle reazioni del tempo, fino a convincersi d'essere e restare solitudini che si cercano senza mai potersi completare, anzi, dilaniandosi a tal punto che solo una tragica ironia, ferma nel loro vivere come una lancetta che li blocca allo stesso momento, ,li decide, li consuma, li avvolge. Allora niente può far tacere la vita, sospendere il caos che prorompe, che incatena. Il passato squassa ogni azione, torna a sezionare le colpe e a scandire nei dialoghi l'imponderabile battito del destino. Un figlio perduto in guerra diventa come il passaggio obbligato di ogni loro istante; una specie di sogno malatissimo ha reso la loro casa una dogana, un confine fra stanza e stanza con un sorvegliante a marcarli, a chiedergli i documenti, a pressare dentro ogni resistenza possibile, fino al sommo grado di un letto che è anch'esso sconvolgente limite fra due estraneità, come fra due Stati, due lingue, a urlare che si diventa stranieri anche nella piccola storia di centimetri sensibili, intimi, scoprendosi sì accanto, ma in un muro che alza i suoi terribili mattoni. Chi è quel sodato che di stanza in stanza li atterrisce? Il figlio morto? Un passaporto da esibire fra il cesso e il tinello, fra la cucina e il corridoio, geniale demolizione della libertà personale e atroce verdetto di una vita nella quale nessun sogno può mai darsi intero. Ancora poche paginette, come per "Purgatorio", in una delle voci drammaturgiche fra le più grandi viventi. Scossa e schiaffo, l'imperdonabile punizione, un fato crudele a sovrapporsi a vecchie scelte, inevitabile giudice dal senno impazzito. Stupendo libriccino, sarcasmo potentissimo, lavoro che resterà grande nel tempo.
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