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Descrizione


Ci sono due porte che si aprono sui nostri sogni: quella d'oro è la più splendente ma porta sogni falsi e sviati; quella di corno è più dimessa, ma i suoi sogni sono veri. Una raccolta di racconti che illuminano la vita contadina e piccolo-borghese dell'Italia tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento.

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Dettagli

2
1993
29 marzo 1993
152 p.
9788838909139

Voce della critica

PARIANI, LAURA, Di corno o d'oro, Sellerio, 1993
GRASSO, SILVANA, Nebbie di Ddraun…ra, La Tartaruga, 1993
GIANINI BELOTTI, ELENA, Adagio un poco mosso, Feltrinelli, 1993
recensione di De Federicis, L., L'Indice 1993, n.11

Escono libri pieni di storie e personaggi, che restaurano le strutture della narrativa, ma non senza novità nei procedimenti formali e nelle scelte tematiche. C'è una ricerca di scambio illusionistico tra documento e finzione, tra finta cronaca, memoria personale, antropologia, filologia, tra la vita e il romanzo. Appoggiandosi alla suggestività dei reperti d'archivio e alla nuda forza dei grandi eventi collettivi, le emigrazioni, le fami, le ribellioni, oltre che a una linea lombarda di espressionismo e realismo, Laura Pariani ricrea miserevoli vite contadine in un periodo specifico, la fine dell'Ottocento, e in un territorio esattamente ritagliato, la valle del Ticino. Nata nel 1951, insegnante, esordisce con la raccolta di nove racconti, "Di corno o d'oro". Anche Silvana Grasso, siciliana di Giarre, traduttrice dal greco antico, è al primo libro di racconti, dieci pezzi in "Nebbie di Ddraun…ra" recupero di una Sicilia contemporanea e arcaica alla maniera di Verga, ma un Verga stravolto in grottesco e innamorato delle parole. La Pariani cerca nell'impasto dialettale e nella voce dei narratori interni (il povero emigrante e la povera ragazza di campagna, l'ubriacone, la scioperante, la maestrina umanitaria, il medico positivista) la forma tipica di una cultura e di un ambiente sociale, geografico. La Grasso ha altri intenti e, manipolando lessico e sintassi, si costruisce una lingua speciale, con dialettalismi, arcaismi, classicismi, di registro alto e letterario, sempre ridondante, sempre eccessiva. Come i suoi personaggi, che sono anch'essi fuori norma, segnati da malattie e deformità o da smodate ossessioni: un uomo-femmina e una donna-maschio; un Nen‚ pescatore dal labbro "libbrinu", leporino, che si sfrena nel possesso della barca; la sciagurata Consolina che per desiderio di uomini e in odio al padre consuma il patrimonio; la nana Cicala che recita preghiere a pagamento e (caso estremo) ha un unico, forte legame d'affetto con il suo verme solitario; tutti sperduti nelle nebbie di magie e destini ingovernabili. Laura Pariani e Silvana Grasso sono appena agli inizi. Elena Gianini Belotti ha alle spalle un lungo esercizio professionale nell'educazione e nel giornalismo, una produzione saggistica abbondante in cui fa spicco il titolo che l'ha resa nota, quel "Dalla parte delle bambine" (1973) carissimo al pubblico degli anni settanta. Un po' in margine ha tentato i generi narrativi, trasferendo le sue competenze dall'analisi dei modelli culturali che agiscono nella famiglia e nella società al romanzo ("Il fiore dell'ibisco", 1985) e al racconto ironico di vite immaginarie. "Adagio un poco mosso" propone sette storie di donne, donne vecchie che nella fase ultima dell'esistenza, quando sembra obbligato il triste decorso biologico, trovano vie di fuga grazie ai piaceri minimi della solitudine o a quelli arditi e trasgressivi dell'immaginazione, dell'orgoglio. Rovesciano le aspettative ragionevoli; e anche il racconto punta sulla tecnica del rovesciamento, catturando le attese del lettore e protraendole fino a una conclusione che spesso è aperta, a sorpresa. Nel pezzo più ampio e romanzesco, "Stenodattilo primo impiego" la protagonista Anita dall'incontro casuale in autobus con certa Fiamma, entrambe ormai irriconoscibili, è sospinta a ripensarsi com'era una volta, ragazzetta in un ufficio romano del dopoguerra, presa in mezzo ai traffici degli adulti e attratta contro voglia in una complicità sessuale mal vissuta; ora, appostata davanti alla casa di Fiamma, diventerà una presenza minacciosa, la costringerà a uscire, ad attraversare la strada per venirle incontro. Qui il racconto finisce. Che cosa avrà da dire Fiamma ad Anita? Quali segreti confesserà? Può darsi che il lettore, stuzzicato da quaranta pagine di intrighi accennati e incompiuti, resti deluso. Ma naturalmente Elena Gianini Belotti ha detto quanto voleva dire. Le sue donne hanno vite condizionare dal senso di colpa, la colpa - cito Dacia Maraini - "di essere fatte in un modo strano, con una zona buia e vergognosa nel mezzo del corpo". La vecchiaia infine le emancipa dalla soggezione, e per loro fortuna non dalle emozioni. Gianini Belotti scrive racconti a tesi, più attenta al ritmo della storia che a quello della prosa, più interessata al piano culturale che a quello stilistico. Con lei il tipo della vecchia maliziosa, nobilitato dalla tradizione fiabesca e tradotto in schema abbastanza meccanico, funzionale, da miss Marple, entra in un tessuto narrativo fitto di notazioni sociologiche e psicologiche, che si modella sul nostro presente e ne riproduce la complessità con sostanziale ottimismo. Davvero la vecchiaia è cosi? È così la vecchiaia delle donne? Ci piacerebbe poterlo credere. La tematica femminile, in questo libro di gradevole lettura per tutti, ha un'enunciazione scoperta, diretta. Ha una diversa presenza, meno esplicita ma disseminata e compenetrata con una posizione mentale, nei libri della Pariani e della Grasso. Già è diverso il taglio della materia, che non isola storie di donne. Quattro protagonisti maschili e sei femminili nella Grasso, cinque e quattro nella Pariani: insieme mostrano il lato sommerso e sporco della vita, l'offesa delle gerarchie sociali, le ferite della famiglia, la fatica delle nascite e delle morti, i desideri frustrati, la materialità sofferente e nascosta - vergognosa, appunto - del corpo. L'attenzione al quotidiano, che è considerata convenzionalmente una prerogativa della scrittura femminile, qui non ha caratteri rassicuranti; non comporta n‚ gesti quieti n‚ conforto di interni domestici o normalità di ordinate consuetudini, bensì molta e brutale violenza situata nel disegno di un mondo premoderno che conosce solo rapporti di elementare sopraffazione. In "Nebbie di Ddraun…ra" (titolo enigmatico, finché non apprendiamo che la "ddraun…ra" è il drago femmina) Silvana Grasso associa la materia torbida all'artificiosità della scrittura, con un'oltranza espressiva che sconcerta il lettore e lo distrae dal racconto. Il filo conduttore della compassione risulta invece evidente nel raccontare di Laura Pariani. Il suo microcosmo, ricostruito con puntigliosa fedeltà ai dati ambientali, tende subito a farsi immagine dell'esistenza com'è dappertutto. "Desorden vasto", dice il Carlén che è emigrato in Argentina e ragiona in ispano-lombardo. Bisogna pur aggrapparsi a qualcosa, a sogni "di corno o d'oro", veritieri o bugiardi: "e così senza accorgerci trasiàmo la vita, dìsum dumàn cume vèss i padrùn del temp, gent de cicculàta!", dice il dottore filosofo. La sentenziosità dei personaggi s'adegua alla concretezza della loro condizione storica e intanto serve alla Pariani, specie in alcuni pezzi ("La morale della stalla", "Le guerre di Ada", "'l dutùr de la Cassin‚tta") per punteggiarne il fraseggiare con tocchi solenni e farne emergere l'idea dolorosa della condizione umana da cui nasce il libro.

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La recensione di IBS

Ci sono due porte che si aprono sui nostri sogni: quella d'oro è la più splendente ma porta sogni falsi e sviati; quella di corno è più dimessa, ma i suoi sogni sono veri. Una raccolta di racconti che illuminano la vita contadina e piccolo-borghese dell'Italia tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento.

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Conosci l'autore

Laura Pariani

1951, Busto Arsizio

Laureata in Filosofia della Storia a Milano, vive a Turbigo (Milano). Ha insegnato in una scuola superiore fino al 1998. Ha scritto e disegnato storie a fumetti negli anni Settanta ed esordisce come scrittrice nel 1993 con la raccolta di racconti Di corno o d'oro (pubblicata poi da Sellerio) con cui vince il Premio Grinzane Cavour e il Premio Piero Chiara. Oltre che scrittrice è anche sceneggiatrice cinematografica. Le sue opere sono state tradotte in varie lingue. Per Einaudi ha pubblicato Dio non ama i bambini (2007), Milano è una selva oscura (2010), La valle delle donne lupo (2011). Ricordiamo anche La spada e la luna. Quattordici notturni (Sellerio, 1995), Il pettine (Sellerio, 1995), Il paese delle vocali (Casagrande, 2000), La straduzione (2004, Rizzoli),...

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