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In un'intervista del 1977 inclusa nel volume Marcuse riconosceva di essere stato heideggeriano dopo l'uscita nel 1927 di Essere e tempo. Per qualche anno aveva lavorato con Heidegger a Friburgo. Ma poi si era dovuto ricredere circa la compatibilità di esistenzialismo e marxismo. L'interesse "concreto" per la condizione umana era solo apparente nella filosofia esistenzialista la quale a suo parere evitava la realtà. Trascurava la storia. Non teneva conto della "ribellione quotidiana che aspira alla libertà". In Essere e tempo concludeva Marcuse erano rintracciabili le "radici" dell'autoritarismo nazista a cui Heidegger non a caso avrebbe esplicitamente aderito. Il riconoscimento del carattere repressivo della realtà: questo sarebbe stato invece uno dei temi fondamentali di tutta la riflessione di Marcuse. E un motivo del saggio sulla "dimensione estetica" pubblicato nel 1977 che apre la presente raccolta. L'autore intendeva ricondurre il "potenziale politico" dell'arte all'arte stessa alla "forma estetica" in quanto tale. Recuperava in contrasto con il marxismo "ortodosso" la valenza liberatrice e ribelle della soggettività. Indagava il significato dell'arte come "invalidazione delle norme dei valori e dei bisogni dominanti". Come "trascendenza" liberazione dal mondo quale "sistema di costrizione". Significativo in tale direzione anche il saggio del 1969 sulla "tolleranza repressiva" che contrapponeva alla "neutralità" finalizzata al mantenimento dello statu quo una tolleranza "partigiana" discriminatoria e "intollerante" nei confronti della "disumanità" e dei movimenti "regressivi". Idee che al loro tempo suggestionarono una generazione di ribelli. Tende però all'attualizzazione di Marcuse la postfazione di Paolo Perticari che invita a "riprenderlo oggi" e a fare uso altresì della "dimensione estetica".
Giovanni Borgognone
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