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"Non è tragico Edipo che ha ucciso suo padre ed è andato a letto con sua madre. È tragico il mondo nel quale gli dèi hanno disposto che un padre venga ucciso dal proprio figlio, il quale andrà poi a letto con sua madre". Partendo da questa premessa Kott interpreta l'immagine di alcuni eroi del dramma greco, intrecciando come chiavi di lettura notazioni sceniche, studi antropologici, archetipi letterari e l'onnipresente rapporto tra il divino e l'umano. Apre la rassegna Prometeo (che l'autore ritiene creazione di Eschilo), quale icona sofferente di un mondo diviso tra un alto, dominio di Zeus tiranno, e un basso dove l'essere umano conosce la storia e il progresso attraverso la fatica. Lo segue l'Aiace di Sofocle; ingannato dai compagni che ne hanno misconosciuto il valore, ingannato da Atena che gli insegna dolorosamente l'onnipotenza divina, affronta il suicidio e, ingannato per l'ultima volta, è trasformato suo malgrado in eroe. E poi ancora l'ambigua Alcesti, velata agli occhi di Admeto come per nuove nozze, simile ma non identica all'amata sposa; l'immagine scissa di Eracle, diviso tra le ombre dell'Ade e la beatitudine dell'Olimpo, tra sofferenze di morte e follia e la ieratica teofania del Filottete . Lo sparagmos e l'omofagia delle Baccanti fanno rivivere sulla scena i riti di passione, morte e resurrezione del fanciullo divino: Penteo nella morte si rivela "doppio" del cugino e dio Dioniso; la sua uccisione per mano di Agave, colei che lo aveva generato, adombra la distruzione del creato e il suo ciclico ritorno. Infine, teatro del passato e teatro del presente si intrecciano nelle appendici: Medea a Pescara ; Oreste, Elettra, Admeto ; Luciano in "Cimbelino" , tre suggestive riflessioni sulla permanenza dell'antico nel moderno.
E. Berardi
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