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Dopo l’amore è un cortometraggio di quelle che sono le vicende umane che si dipanano nell’attimo in cui i protagonisti della vicenda si scoprono non più adolescenti. È il 1998,l'anno cruciale dei mondiali e degli esami di maturità, della perdita della verginità e dell' invisibilità: “ Adesso noi non siamo più invisibili, Mattia. Chi si bacia, chi si ama, ritorna a vivere”. Mattia, Camillo e Franco. Tre amici, tre animi ancora da raffinare al fuoco dell’amore e delle sue subdole contraddizioni. Giovani che, come le onde, vogliono “cercare di superare il mare, staccarsi dal mare, per abitare sulla terra”. Il romanzo inizia con una ampia panoramica su quello che è il proscenio del romanzo: Scardivari, un anonimo paesino che si perde nella immobilità dei gesti e che si apre in due sole strade: l’asfalto e il fiume. Camillo, bullo e dandy allo stesso tempo, “vive” il romanzo solo marginalmente. Egli compare per lo più con le uscite di scena di Franco, che in paese non esiteranno a definire “un rapatus di gelosia o di follia”, ragazzo sensibile, cresciuto dalla sorella che ora sta per morire, consumata dal tumore. Malattia che diventa topos, ricordo del passato, tormento del presente, assenza del futuro. Il romanzo prende accelerazione non appena Martina, una graziosa ragazza amata da Franco, si mette con Mattia. Non è solo gelosia quella di Franco: è paura, perché sa che per Mattia questa è solo un’ avventura, un modo per vivere il sesso e per dimenticare. Mattia chiuderà la storia per non ferire Martina e lo stesso Franco. Ma anche, e soprattutto, per via di Jessica, una spogliarellista che diventa strumento di vendetta e il deus ex machina per far uscire Mattia dall’apatia e dal dolore che nel frattempo ha travolto come una piena lui e Martina.Il romanzo si chiude in una camera di ospedale, piantonata da un carabiniere. È la numero 64, un numero non a caso. Se il32 era il numero della camera d’albergo in cui Mattia e Jessica si erano aggrovigliati, il suo doppio rappresenta il ritorno all'amicizia
Amore e Morte. La storia di come ho incontrato questo libro è molto particolare.Me lo ha assegnato la professoressa di italiano per farci una tesina di10 pagine..ero disperata.Partito con un inizio molto incerto e improbabile,e se vogliamo,un po'crudo(la scena de Nirvanal mi ha fatto un po'..ribrezzo...)ha saputo riscattarsi via via lungo le pagine. Non è il solito romanzetto alla "tre metri sopra il cielo"(senza nulla togliere a Moccia,s'intende),i temi principali sono appunto l'amore e la morte che i tre protagonisti si vedono sfilare davanti nella vita di tutti i giorni,rappresentata sotto le sembianze di un tumore,o di un atto estremo d'amore... L'autore cerca di entrare dentro il dissidio interiore di ognuno di loro,senza mezzi termini.E talvolta lo fa con parole stridenti,ma perchè è giusto che sia così.Perchè tratta tutto con estremo REALISMO.La disperazione non sarebbe tale se fosse raccontata con parole leggere ed effimere... Ho apprezzato molto il modo in cui Giancarlo riesce a delineare i 3 protagonisti con tratti netti a volte,e a volti sfumandoli nel chiaroscuro,e le parti riservate ai personaggi di contorno,appunto "felliniani",ricchi di una forte componente di pathos.Ognuno di loro ha una caratteristica intrinseca,che li rende unici. La narrazione,a tratti veloce e a tratti dilatata,scandisce il ritmo della storia come in un buon film.(e infatti qui si nota che sceneggiatura). Concludendo,bella storia,bel colpo di scena finale e complimenti per aver saputo trasportare il romanticismo nella bassa Padana...questa è la dimostrazione che non è importante il contesto,ma le relazioni!!
Credo sia difficile, dopo aver letto “Dopo l’amore”, non fare complimenti a Giancarlo… Affrontare i due argomenti sicuramente più importanti di tanta alta letteratura, eros e thanatos, in modo così magistrale come è stato fatto in questo libro è cosa che può fare solo una persona speciale. Basterebbero le tre pagg. 122,123,124 per comprendere la profondità e lo stile accurato del romanzo. Opera di persona speciale, appunto, e dico “persona” e non “scrittore” volutamente perché Giancarlo è, prima che scrittore eccellente, persona eccezionale. Ho avuto l’onore e il piacere di conoscerlo e mi ha colpito per la meraviglia con cui osserva il mondo, quello che gli succede accanto. La stessa meraviglia che, qualche millennio fa, ha permesso la nascita della filosofia…Dalla sua meraviglia, dalla sua disarmante semplicità che è allo stesso tempo mirabile profondità di pensiero, dalla sua attenzione alle piccole sfumature e dal suo coraggio è potuto nascere un romanzo così…Scusa se mi sono permessa…e grazie, Giancarlo, anche per essere venuto a Sant’Urbano.
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