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Descrizione


A Chiara mancano le parole, a Paolo i gesti, che sono una lunga sequenza di atti d'amore mancati. Chiara scrive lettere appassionate che non spedisce, Paolo aspetta. E in questa attesa, poco per volta, Chiara racconta la storia della provincia dalla quale è scappata, di una famiglia di donne sfortunate e un po' folli, di una povertà contadina e proletaria, del lavoro nelle nuove fabbriche di tabacco, che danno da vivere ma rendono schiavi. Di Celeste, la nonna che prevede tutto ma non riesce a salvare i propri figli, di Tosca e Delfa - le zie belle ed emancipate per cui tutto il vicolo impazzisce - che si spengono ragazze, di Assunta che si ritrova in un matrimonio senza rispetto. Storie che fluiscono e si raccolgono in quella di Chiara che, immersa in una necessità tutta umana di comunicare, amare ed essere amata, ritrova con loro la propria strada e così, attraverso un passato di memoria riesce finalmente a stare con i vivi. Un romanzo inconsueto, dolce e scontroso, in cui una voce che prima è filo, si fa grido e in fondo si scopre vagito.
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Informazioni dal venditore

Venditore:

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Dettagli

2012
8 marzo 2012
189 p., Brossura
9788874523443

Voce della critica

"Dove sono?"è la domanda a cui cerca di rispondere Chiara, protagonista e voce narrante del romanzo d'esordio di Stefania Scateni, che dal 2001 dirige la pagine culturali dell'"Unità". Chiara arriva da Paolo, uno psicoterapeuta, su consiglio di un amico e sin dall'inizio delle sedute s'innamora in maniera ossessiva di quest'uomo dagli occhi "blu come l'oceano". Tormentata da questo sentimento, comincia a indagare sulla sua stirpe maledetta, segnata dal dolore e dalla morte. Parla delle donne della sua famiglia: di Celeste, Tosca, Delfa, Veronica, e infine di Assunta, sua madre, che non le ha mai perdonato di averla fatta soffrire durante il parto. In questa rassegna di vicende femminili non è tanto importante la storia, i cui eventi sono mescolati e abbozzati o viceversa dilatati, ma le immagini, baluardi di un significato più profondo. Fra i campioni di una "femminilità forte" c'è la donna che mantiene la famiglia grazie al lavoro di tabacchina (con un chiaro riferimento all'industria toscana che negli anni cinquanta fu fonte di sopravvivenza per molte famiglie). Vi sono poi un profondo dolore e la paura cieca della morte, che accompagnano le sfortunate protagoniste del racconto di Chiara: Celeste, per esempio, impazzisce per il dolore della perdita prematura delle figlie. La morte, per Chiara, è il grande spettro che la divora, retaggio di una famiglia sventurata. La paura della morte e una vita trascorsa con quest'ossessione hanno come esito la follia. Chiara pensa di essere inseguita dalla morte, invece è la follia a essere il vero cancro della sua famiglia (a cui peraltro non sfuggirà neppure lo psicoterapeuta). L'esito del romanzo è una specie di delirio in cui Chiara cerca di ricomporre le parti dolorose o incongruenti della sua vita, in un labirinto di pensieri e illusioni. Interessante l'uso della lingua, in cui nelle parti in prosa sono frequenti i riferimenti all'epica, mentre alcuni passi poetici sembrano esprimere nel modo più adeguato il senso dell'angoscia e della solitudine: "Una televisione, due morti, un letto, due armadi / sei bucce di banana, quattro vaschette di fagioli, / due per i bianchi, due per i rossi. / Cinque buste di vestiti sporchi, sei bollette / sulla sedia, sette tappi di sughero nel posacenere, / quattordici pasticche nella scatola di carta / sopra il centrino. / Ho sonno / Non voglio stare sola / La televisione accesa è muta / Voglio qualcuno che la guardi / mentre aspetta la cena". Maria Cozzupoli

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