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Questo è un libro che ho atteso con trepidazione. Stavo quasi per comprarlo online in edizione originale, ma poi ho pensato: “No, qualcuno lo pubblicherà qui in Italia, prima o poi. Aspettiamo”. Fortunatamente, così è stato, ed è successo più prima che poi, cosa notevole visti i tempi dell’editoria a fumetti nostrana.
Dressing è una strepitosa raccolta di racconti di Michael DeForge, in cui l’autore canadese 29enne incrocia fantascienza e assurdo regalando storie inimmaginabili. Già designer di Adventure Time, collaborazione che dice molto sul nostro, DeForge è tra le firme più importanti del nuovo fumetto anglosassone, un autore in grado di raccontare la mutazione di esseri umani su Marte o la storia di “una madre che ha saltato oltre un miliardo di miglia” con piglio naturale e uno stile preciso. La storia finale entra invece in un territorio primordiale e microscopico, parlando della vita di forme incomprensibili, ma c’è spazio anche per l’improvvisazione nel racconto in bianco e nero Mia sorella morì per il caldo, scritto e disegnato a penna durante un viaggio in aereo. Come in tutte le sue opere, non c’è introduzione, filo conduttore o tema a legare i frammenti dell’albo. Come in tutte le sue opere, non sembra essercene il bisogno.
Dopo la gavetta di autoproduzioni e collaborazioni, l’autore ha cominciato nel 2009 la sua serie, Lose (Koyama Press), con cui ha vinto svariati premi e ha imposto il suo stile e gusto, fatto di fantasia selvaggia e uno stile grafico in grado di intaccare qualsiasi genere o riferimento – dai film ai videogame, dalla fantascienza all’horror – portando a casa un bottino raro e prezioso. In Dressing co-esistono mondi diversi e fantascientifici, in cui i protagonisti sono forme e l’essere umano è sempre a due passi dalla mutazione. Tutti questi personaggi – umani, quasi umani e non-umani – vivono in dimensioni aliene, ma familiari, sono oblunghi e aggraziati, grotteschi e romantici. Un equilibrio impossibile per le persone normali, ma che al canadese riesce, punto, cosa che dà al suo lavoro un’atmosfera onirica (“Voglio che i miei fumetti sembrino sogni”, ha detto DeForge in un’intervista). Dressing è l’ultima fatica di Michael DeForge e ogni sua pagina vi arriverà come un pugno astratto sul naso.
Voto 5/5
Recensione di Pietro Minto
Essendo nato nel 1987, Michael DeForge è stato investito in pieno dalla grande, coloratissima, surreale ondata bruitiste che, partita dalla Providence del Fort Thunder, ha sotterraneamente rivoluzionato l'immaginario underground nordamericano – fumetto in testa – a partire dai primi anni 2000. È d'altronde lo stesso autore canadese a confermare l'impatto che sul suo lavoro hanno esercitato figuri come Mat Brinkman o i connazionali Seripop, che del Fort Thunder furono una specie di piccola appendice in quel di Montreal (anche complice il coinvolgimento in quella formazione di noise rock scoppiato che erano gli AIDS Wolf); di quell'immaginario, ormai arrivato alla sua seconda – o a questo punto diremmo terza – generazione, DeForge è forse l'erede in assoluto più noto soprattutto grazie alla serie personale Lose, che dal 2009 a oggi ha traghettato le intemperanze del giro Brinkman & co in quella landa che Frank Santoro ha ribattezzato fusion comics, e che nel suo caso si traduce in una specie di terza via a cavallo tra il tipico fantasy acido della scuola di Providence, e la più tradizionale narrativa indie.
In questo senso, il debito principale di DeForge non è tanto nei confronti del solito Brinkman (che d'accordo, resta comunque il più importante fumettista underground del nuovo millennio; o se non il più importante il più influente, ecco); semmai, nelle sue tavole si avvertono gli echi di autori come Ben Jones, Ron Regé Jr e soprattutto Marc Bell, vale a dire l'ala meno oltranzista e più “infantile” del tipico fumetto alla Fort Thunder. Un'altra assonanza, specie nel lavoro di DeForge da illustratore, è quella con la scuola francese di tipi come Jonas Delaborde da una parte e BlexBolex dall'altra, e viene anzi da chiedersi se la provenienza canadese non abbia in qualche modo aiutato in tal senso. Ma c'è anche tutto un bagaglio che riporta alla lezione di classici come i Peanuts, oppure alla gloriosa tradizione dei minicomics fai-da-te. Insomma: un casino.
Se mi spendo in tutti questi nomi non è tanto per mero namedropping: è piuttosto per rendere la varietà di approcci, riferimenti e soluzioni tipica dello stesso DeForge, e di cui questo Dressing è un piccolo esempio da manuale. Ciascuna delle storie raccolte nel volume (originariamente pubblicato da Koyama Press, come praticamente qualunque altra cosa riguardi DeForge) è quasi un esperimento a sé sia dal punto di vista grafico che da quello dello storytelling: si passa dagli astrattismi totali di cose come Tutti i miei amici, lassù, in un Jumbo ai ritratti pseudorealisti (si fa per dire...) di una quotidianità millennial popolata da webcam, start-up e gergo da Silicon Valley, e in mezzo ci si imbatte in bizzarrie sci-fi per personaggi bulbiformi, forme organiche che sembrano prese da un romanzo post-esotista alla Volodine, meravigliose istantanee di un Planète Sauvage che pare ritratto da Mark Beyer, stilizzate silhouette dada, schizzi freeform, nonché “umani che si trasformano in marziani, pesci parlanti, elfi di natale complottisti, gemelli sterminati per combattere il sovrappopolamento della Terra”. I toni spaziano dalla naiveté intimista al crudo spinto buono per una session fotografica della buonanima Dash Snow, dal fantasy alla commedia, ma ovviamente tendono a ricorrere i temi e i registri che sono tipici di un autore molto personale quale dopotutto è DeForge; e cioè una specie di crudeltà gentile, di assurdismo disturbante sempre derivato dalle relazioni elastiche, contorte e molto psichiche che intercorrono tra i diversi personaggi: in questo, per restare al pantheon del Fort Thunder, un autore che viene da accostargli potrebbe essere C.F., o meglio ancora l'intero universo Adventure Time. Naturalmente, il fatto che proprio DeForge sia tra i designer della serie di Cartoon Network, e che sempre Adventure Time sia il principale esito apocrifo della rivoluzione innescata a suo tempo da Brinkman e compagni, non è casuale.
È impossibile sottovalutare il peso di DeForge nell'odierno panorama del fumetto indipendente: si tratta molto semplicemente di uno dei principali autori dell'ultima generazione alternative, o per dirla con Heidi MacDonald, dell'“archetipo del moderno fumettista indie”. Se, come dice sempre la MacDonald, a Marvel e DC si sono sostituiti Cartoon Network e Nickelodeon, il merito va senz'altro ai maestri di inizi 2000, ma anche (soprattutto?) a coloro che ne hanno ripreso il lascito condendolo di nuovi colori e di nuovi respiri. E tra questi, al giorno d'oggi DeForge è quasi sicuramente il primo nome da tenere a mente.
Recensione di Valerio Mattioli
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