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La figura di Riccardo Bauer (1896-1982) fa tutt'uno con la milanese Società Umanitaria, della quale fu presidente dal dopoguerra fino al 1969. Ma questa corposa antologia di scritti, che ha un dichiarato intento didattico, consente di ripercorrere il filo intero di una biografia: dal precoce rifiuto del fascismo ai lunghi anni del carcere e del confino e infine al coraggioso impegno nella Resistenza. La qualifica che più si attaglia a Bauer appare quella di "educatore civile", perché egli incarnò, in termini nuovi, la solida tradizione dell'illuminismo lombardo. L'adesione al Partito d'azione rappresentò per Bauer, quindi, uno sbocco naturale. Ma il suo attivo riformismo senza etichette, come quello di altri protagonisti della sua statura, non incise a fondo nella predominante organizzazione politico-partitica. E questa (relativa) sconfitta apre interrogativi ai quali è doveroso dare una risposta con le armi della storiografia, e non sull'onda di un pur incoercibile rimpianto o ricorrendo a risarcimenti di taglio agiografico. Tra le prese di posizione più sintomatiche risalta il rimprovero che Bauer muove, nell'aprile del 1977, a un giovane contestatore. Egli esalta "l'operare metodico, il costruire concreto, ostinato ed umile di ogni giorno", alieno da "avvampanti entusiasmi". Le premesse etiche di un'ardua pedagogia politica prevalgono sull'indicazione di obiettivi trascinanti nei quali riconoscersi. C'è in lui quasi un ritrarsi: la scelta di un magistero umanistico al di fuori non al di sopra delle parti. E l'approdo alla piattaforma universalistica alla Lega internazionale per i Diritti umani esprime la severa condanna di un parossistico egoismo sono parole del 1979 dal quale sembra attanagliata l'umanità intera, "tranne colte minoranze che rischiano di essere soverchiate".
Roberto Barzanti
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