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Il libro curato da François Furet raccoglie undici saggi scritti, in occasione del bicentenario della Rivoluzione francese, da «specialisti di più nazioni intorno a una questione comune, quella di capire perché i principi del 1789 continuano a modellare la civiltà politica comparsa allora e in cui ancora viviamo». La prima parte dell’opera analizza e cerca di comprendere i principi dell’Ottantanove alla luce del pensiero politico e filosofico dei contemporanei, delle critiche da questi furono mosse e del gran fermento speculativo che la Rivoluzione comportò già nel suo immediato prodursi. La seconda parte, invece, intitolata L’eredità della Rivoluzione francese nel mondo contemporaneo, è dedicata allo «studio di esperienze storiche particolari», che con la Rivoluzione francese hanno un debito in alcun modo trascurabile. Nella prima parte il saggio di Philippe Raynaud, filosofo e politologo, America e Francia: due rivoluzioni a confronto, ripercorre le analogie e le differenze che i contemporanei della Rivoluzione colsero tra i due eventi della fine del Settecento. Per Burke, ad esempio, «la rivoluzione americana era figlia legittima della Rivoluzione Gloriosa inglese, in quanto difendeva, contro lo stesso Parlamento, i principi che avevano fatto la sua forza», diversamente dal carattere «’metafisico’ della rivoluzione francese che, affermando la trascendenza dei ‘diritti dell’uomo’, metteva potenzialmente in pericolo l’ordine sociale europeo»; mentre per Paine «era dell’America che i Francesi avevano imparato, grazie a La Fayette, ad amare la libertà». Le citazioni riportate sono solo una parte delle testimonianze dei contemporanei che seguirono con interesse, e a volte preoccupazione, gli eventi di Francia. Infatti, più che delle analogie, molti di coloro che criticano la rivoluzione francese, si servirono dell’analisi delle esperienze differenti e delle logiche opposte che guidarono le vicende tra le due rive dell’Atlantico.
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