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Anno edizione: 2022
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1A ED AVAGLIANO 2010 Condizioni del volume: Da rimanenza di magazzino. MAI UTILIZZATO. Da segnalare: fisiologico ingiallimento pagine. Note sul volume: Tre uomini che tirano le somme della propria vita. Tre lingue diverse per raccontare l'emigrazione e la perdita delle radici; il bisogno di partire e la conquista di un posto in cui tornare. Nicola ha ventisei anni e fa l'insegnante precario a Milano. È figlio di Riccardo, un emigrante invecchiato troppo presto, e nipote di Leonardo, un contadino analfabeta e senza terra, che un giorno sorprende tutta la famiglia con una decisione importante: bisogna vendere la casa al mare, diventata l'oggetto ingombrante che divide fratelli, genitori e cugini. Cosí, una mattina di prima estate, partono a bordo di una Punto amaranto, nonno padre e nipote, per raggiungere la Puglia, a cui sono legati in maniera diversa. Il viaggio tra i luoghi e le memorie che hanno costruito la famiglia Russo diventa un viaggio iniziatico in cui i rapporti di confronto-scontro tra padri e figli si sciolgono in rapporti fra tre uomini, ognuno con i propri imbarazzi, affetti, difficoltà.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un viaggio indietro nel tempo per riscoprire radici che sembravano perdute, per riannodare i fili logorati dei rapporti e riscoprire che non si è figli (o padri) per caso. Ogni generazione ha le sue guerre da affrontare: la guerra, lo sradicamento, il precariato sono facce del medesimo dado che si chiama vita. Questo sguardo profondo dell'autore suscita una potente immedesimazione del lettore nei personaggi.
Lettura carina e leggera, forse anche troppo leggera... Un romanzo di formazione che si legge in una settimana: piace per le ambientazioni e la caratterizzazione dei personaggi ma molti argomenti meritavano di essere approfonditi. L'altro romanzo di Balzano che ho letto (L'ultimo arrivato) è decisamente più "maturo" di questo.
Un ' operina che promette molto ma lascia un po' di delusione perché gira e rigira intorno al tema nord-sud senza un vero sviluppo della storia.
Recensioni
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Questo è un romanzo, all'esordio, che coglie nel segno, e a cui ci si affeziona: per l'acuta sensibilità con cui sono tratteggiati i caratteri; per la sapienza narrativa; per lo stile scabro, asciutto ma senza ostentazioni. Il racconto muove dalla decisione della famiglia Russo di vendere la casa al mare, nel Sud da cui si è partiti senza fare ritorno. A comunicarlo è il nonno, con la morte nel cuore, perché quella casa, abbandonata dai figli, rappresenta lo sfascio della famiglia: e allora non resta, con dolore, che disfarsene. Per andare a venderla, a Barletta, affrontano il viaggio il padre, il figlio, e il figlio del figlio: Nicola, il nipote del titolo, protagonista e narratore. Un viaggio nella memoria dei luoghi e degli affetti, attraverso tre generazioni, ciascuna con il suo passato con cui fare i conti. E insieme, a incrociare memorie e destini, il racconto delle relazioni fra i tre, mai così vicini.
Nicola è insegnante precario, per questo in famiglia ancora lo considerano un ragazzo, scioperato per di più: a suo modo oggi un simbolo, nell'opinione di molti, delle generazioni ultime. Il nonno, "grande e grosso come un guerriero", di grana ruvida e spessa, rappresenta il passato arcaico. Il padre, della generazione di mezzo, non più giovane e ancora figlio, è quello che si adombra, affacciato al balcone, con il suo tarlo segreto, i lunghi silenzi a dividerlo da Nicola, il figlio, perché può accadere, al figlio con il padre, come con la propria immagine allo specchio: tanto ci è familiare che finisce per diventarci estranea; e si smette a quel punto di parlare, fino a farci l'abitudine. "A tavola adesso si parla poco (
) Il bene che ci teneva uniti in quei secoli d'infanzia e prima adolescenza ora non lo sentivo più". Giunge un tempo, in ogni famiglia, che nulla più è come prima, e la cosa più dolorosa è che non ci si può far nulla.
Il libro racconta il ritorno al paese di chi è partito, e per lasciarlo per sempre, paese dove, nel frattempo, si è diventati "il milanese"; mentre a Milano, sempre, si sarà considerati "il meridionale": ritrovandosi così nella strana condizione di forestiero dappertutto. Come per molti, al Nord, dal Sud emigrati. Più in particolare, è il racconto di quella condizione di spaesato sradicamento che coglie a ogni ritorno, e ancor più ora, quando per la famiglia Russo l'ultimo legame la casa, verghianamente è sul punto di essere reciso. Il dubbio, per chi è andato via, l'interrogativo che si porterà sempre dentro, è cosa sarebbe stato se solo si fosse rimasti. Domanda destinata a restare senza risposta, in un'incertezza sospesa che può giungere, come nel caso di Nicola, ai limiti della disillusione: "Illuso di aver studiato e viaggiato per avere di più di un contadino analfabeta, di più di un ragazzo emigrante presto invecchiato". Il protagonista-narratore, nel suo viaggio di ritorno nei luoghi della memoria, legge e non potrebbe quasi essere altrimenti Proust. Quello di Nicola, in effetti, è un tempo ritrovato alla rovescia, nella sua personale Recherche. Essa conduce non a ritrovare, ma a distaccarsi, e per sempre, dal passato da cui proviene. Un requiem delle origini, si direbbe, attraverso epifanie della memoria, e attraverso il padre e il nonno (tre diverse gradazioni di nostalgia, di legame, di attaccamento: "le tre lingue di casa Russo" le chiama il narratore): "Questa fu la cosa più bella di quel viaggio, tradurre per capire quello che ancora mi appartiene. Quello che è mio nonostante sia soltanto di riflesso".
Alla fine i tre si dividono: da solo, ciascuno, è chiamato a fare i conti con la propria nostalgia, il proprio passato, la propria irriducibile solitudine. Il viaggio si conclude, per il figlio del figlio, con la visita alla nonna materna: in lei Nicola troverà la contentezza e la pace che basta a se stessa di chi è rimasto.
Marcello D'Alessandra
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