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Non ci stancheremo mai di consigliare questo libro. Sarà sempre il nostro punto di riferimento (teorico, critico ed emozionale) per comprendere i principali nodi concettuali del pensiero dell'avanguardia e della cultura di massa. Un testo fondativo!
Recensioni
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scheda di Vignozzi, A., L'Indice 1996, n. 5
Il rapporto tra produttori e fruitori di forme è tema sempre più frequentemente indagato in settori nodali della cultura contemporanea: basti pensare al dibattito urbanistico e architettonico suscitato dalla decisa presa di posizione del principe Carlo d'Inghilterra a favore di un riavvicinamento delle concezioni formali di planners e designers a quelle di una massa silenziosa di cittadini insoddisfatti della qualità percettiva dell'ambiente costruito. Il libro di Abruzzese, però, pur presentandosi con tutti i crismi della centralità rispetto a un'ampia e scottante problematica ed essendo più che ben scritto in ogni sua parte, risulta tuttavia relativamente povero di contributi apprezzabili al dibattito contemporaneo. Trattandosi, infatti, della riedizione - con modestissimi apporti aggiornativi - di un'opera vecchia di oltre vent'anni, per quanto ricca di intuizioni premonitrici, espone considerazioni di fondo per lo più ormai acquisite dalla cultura contemporanea, deludendo aspettative sia documentarie che concettuali (basti pensare che ne è assente il benché minimo riferimento a Marshall McLuhan). A fronte di tanto titolo, l'opera in sé risulta peraltro incompleta e diseguale fin nella stessa struttura espositiva: se i primi capitoli dedicati alla cultura ottocentesca costituiscono una sequenza di sintetiche riflessioni su alcuni sviluppi del pensiero filosofico e sugli effetti delle trasformazioni sociali e tecnologiche, dal volger del secolo in poi la trattazione si incentra in maniera sempre più monocorde sul cinema quale nuovo protagonista della comunicazione di massa, finendo con l'esaurirsi in una carrellata di pur brillanti elucubrazioni esegetiche sui cult movies degli anni trenta.
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