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Il Professor Gio Batta Bucciol, presentando questo libro di versi di Lio Gemignani, parla di "poesie che inseguono le tracce di vicissitudini lontane, in equilibrio tra memoria e oblio... E' rievocato il luogo, immerso nelle colline, con il quale, al tempo dell'infanzia e dell'adolescenza, il poeta viveva in felice simbiosi". Infatti la poesia che apre il volume recita così: "D'ogni spazio che/ ho attraversato/ qualcosa rimane e/ segreto mi porto dentro". Spazi e luoghi, quindi, degli anni giovanili: le colline e i cieli della nativa Toscana, con i loro sfondi paesaggistici e con i loro personaggi incisi indelebili nella memoria, raccontati con cadenze pascoliane (il becchino ubriaco che " parlava con i morti/ e sentiva risposte"; le maestre che "insegnavano a contare"; i coetanei con cui si serviva messa e si andava a pescare: "la lenza del ragazzo/ che a riva pesca/ e d'attesa cresce"). Gli animali che popolavano le campagne: lepri, volpi, cavalli, topi, falchi, grilli, pecore, civette, anitre, merli, rane...Immersi in una vegetazione rigogliosa e ancora intatta, benignamente e silenziosamente vicina all'uomo : "La salvia, un fiore/ e l'umile timo/ nel profumo d'erba"; "Tu non sai, o quercia,/ del piccolo tempo/ degli uomini: le loro guerre,/ i patti dei briganti,/ le parole degli amanti...". La Toscana mai dimenticata dell'infanzia, dunque, ma anche il Veneto, nelle cui pianure Gemignani vive dal 1966, omaggiando i suoi fiumi: "Quanto antico sono se/ a quest'acqua mi ritrovo...". E sempre costante l'andare della mente e del cuore a un passato quasi mitizzato ("l'odore che t'assale/ improvviso di un fuoco"; "Dal bosco affacciatevi/ paure della mia fanciullezza"), nel confronto con un presente più urbano e imborghesito, ma ovviamente più stanco e deludente: "Mentre delle nuvole/ la corsa guardo/ dalla terrazza di/ un condominio".
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