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Fuori Onda è un romanzo che riesce a far entrare il lettore negli oscuri meccanismi della manipolazione della verità da parte di un giornalismo che ha evidentemente scordato ciò che è il suo scopo principale per asservirsi totalmente ai poteri forti. L'autore riesce a descrivere in modo magistrale questi aspetti utilizzando come pretesto narrativo un orrendo e insolito massacro di una famiglia della Trieste bene. Da qui si dipana un racconto che esplode ed entra in risonanza continua con una profonda crisi esistenziale del protagonista, attanagliato da un brutale senso di inesistenza. Accanto allo svolgersi della vicenda in sé si trova quindi, una violenta introspezione dove diversi aspetti della vita vengono sezionati. Risulta pertanto immediato vedere nel protagonista non più il giornalista di successo ma proprio l'essere umano in generale. Una lettura assolutamente consigliata.
“Il fatto che più sconcerta è che abbiamo ancora l’impressione di essere vivi”. Sin dall’incipit si ha la sensazione di essere catapultati nella dimensione interiore di un personaggio che non lascerà il lettore indifferente. Il protagonista del romanzo è un noto giornalista televisivo all’apice del suo successo che si trova di fronte all’ennesimo caso in cui la realtà sta per essere opportunamente trasformata secondo i fini dei poteri forti. Come è sempre accaduto finora, egli è lo strumento principale attraverso cui questa trasformazione può prendere forma. Un profondo conflitto interiore sarà il principio motore di tutto il romanzo: continuare ad indossare una maschera che però assicura potere e successo o ascendere al senso autentico della realtà e quindi riconquistare il suo vero io. Ed è da qui che si dipana un racconto che apre squarci profondi e che induce il lettore a misurarsi di continuo con le parole dell’autore. Una questione esistenziale che prende forma attraverso una violenta introspezione di sé e che si mescola a vicissitudini che svelano via via tutti i contorni di una spietata macchina di manipolazione della verità. Scrittura sensuale e schietta. Brutale e fortemente autentica.
Mastrangelo propone una serie di riflessioni sulle relazioni, sul conformismo e sui compromessi che influenzano la vita di un gionalista noto. Sviscera così in prima persona le opinioni di un uomo che ha avuto molto successo vendendo l'anima ai potenti, allontanandosi dalla moglie e dai figli, rincorrendo la vanità e la notorietà, non ultimo il dio denaro. Tutto per rendersi conto alla fine di avere pressocché nulla. In linea generale, l'idea del libro sarebbe anche lodevole, ma l'autore non l'ha sviluppata al meglio. A parte il fatto che il testo ha bisogno di una revisione, lo stile di scrittura è eccessivamente didascalico e rende la lettura molto lenta, a volte sembra finanche di arenarsi su certi temi. Fra questi, il tema del conformismo viene affrontato a più riprese ma ciò trasforma l'intenzione lodevole dell'autore in stereotipi. La vicenda della strage, intorno a cui girano le notizie date in tv e le informazioni cercate, ti spinge a finire la lettura ma scompare dietro la boria malcelata del protagonista che sembra vantarsi delle sue conoscenze e del suo liberalismo sessuale. Le esperienze e le riflessioni sessuali su sui il giornalista torna spesso, anche in maniera esplicita e a mio modesto parere di cattivo gusto, sono in realtà un tentativo di mettere pepe alla storia, forse per fini commerciali, ma aggiungono solo un pizzico di sale in una storia che appare così scialba. Perdono di significato tutte le riflessioni sulla vita, sul dolore fisico o morale, sull'amicizia fra colleghi, sulla morte, sulla solitudine. Il libro risulta una sorta di biografia degna del protagonista, cioè fatta di sola apparenza e nozioni ostentate, che non ha mordente.
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