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Tra il 1941 e il 1943, Répaci scrisse, per l''Illustrazione Italiana', le cronache d'arte che, raccolte nel presente volume costituiscono la trama di una lontana, e pur presente, stagione culturale colta in un contesto temporale tra i più duri e dolorosi: gli anni della seconda guerra mondiale. Répaci sviluppa il suo discorso sull'arte come si trattasse di un racconto. Si avverte, nella sua scrittura, l'alitare di un sentimento di solidale partecipazione ai travagli, alla felicità, agli affanni creativi degli "amici" pittori che sfilano in 'Galleria'; tanto per citarne alcuni: Carlo Carrà, Arturo Tosi, Giorgio De Chirico, Filippo De Pisis, Pio Semeghini, Gregorio Sciltian, Anselmo Bucci. Si coglie, qui, l'appassionato, fervido coinvolgimento del 'narratore' Répaci con la vicenda umana e culturale di almeno tre generazioni di artisti del Novecento. Répaci guarda verso la pittura di quegli anni con schietto sentire, in aperto sodalizio amicale con gli artisti, con passione e, insieme, lucidamente attento alle impronte conclusive, agli esiti creativi della loro arte. Ma, soprattutto, nell'intento di individuarne le decisive strutture dell'anima, dell''actio' del dipingere, di quanto, insomma, rende viva (o spenta) un'opera plastica. E, insieme a questo, traccia il diagramma delle fatiche, delle trepidanze, delle grandezze, delle nevrosi, delle cadute e dei trionfi dell'uomo e dell'artista. Ma nel discorrere di Répaci appare altresì chiara la volontà di individuare non tanto il genio isolato, quanto l'esistenza di una vasta civile categoria di artisti di diffuso talento, capaci, in modo diverso, con diverso interesse, con diverso impegno, di esprimere una visione del mondo e la (idoleggiata) necessaria saldatura tra società ed arte.
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