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"Quando li portarono via, quando iniziammo a sentirne la mancanza, i testimoni che non avevano visto nulla mormorarono: "Qualcosa avranno fatto, non per niente li portano via", e avevano ragione, perché avevano fatto molto più di qualcosa: avevano sognato che si poteva vivere in piedi. Avevano sognato che il destino dell'uomo non poteva essere sempre un castigo. Avevano sognato che la felicità di tutti era possibile. Avevano sognato di creare una legge giusta, davanti alla quale saremmo stati tutti uguali. E avevano osato far diventare realtà i sogni, perché quelli di cui sentiamo la mancanza, senza tante storie né pavoneggiamenti, avevano raggiunto la dimensione superiore dell'essere umano, per questo ne sentiamo la mancanza: perché erano rivoluzionari." Sepúlveda racconta, attraverso vari articoli, la tragedia cilena vissuta con il dittatore Pinochet. Era in macchina, in Italia, quando alla radio ha sentito la notizia dell'arresto del generale ed è stato subito uno scroscio di emozioni, si è lasciato trasportare e ha rievocato con la sua voce e la voce del popolo i momenti che, da quel lontano 11 Settembre 1973, hanno cambiato le vite di migliaia di persone. Intenso, arrabbiato e forte, un Sepúlveda che non ha mai smesso di combattere: un grande modello per tutti.
La notizia dell'incriminazione di Pinochet, ascoltata alla radio, smuove nello scrittore Sepùlveda un ridda di emozioni: speranza per una possibile giustizia alle terribili azioni del generale, tristezza per quanto subito dal popolo argentino, ricordi belli e tristi. Quello che segue sono gli articoli scritti in quel momento e nei mesi successivi, quando sembrava che potesse finalmente essere riappacificata la memoria di un Paese dilaniato da una feroce dittatura.
Assolutamente consigliato. La serenità con cui l'autore racconta del suo passato e di cosa ha subito è impressionante e fa riflettere sul mondo e sulle sue brutture, di cui troppo spesso ci dimentichiamo
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