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Anno edizione: 2003
Anno edizione: 2006
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Si tratta di un libro veramente valido sotto il profilo della documentazione storica. Bene ha fatto il professor Mola a riproporre con grande scientificità la straordinaria figura di Giolitti che considero il più importante statista italiano dopo Cavour e che troppo a lungo certa "cultura" aveva fatto scomparire dai libri scolastici.
Recensioni
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Il volume tratteggia un esteso ritratto del grande statista e della sua vita pubblica e privata, sulla quale, ricorrendo a un'ampia documentazione (citata, purtroppo, senza riferimenti precisi), fornisce numerosi dettagli. Preoccupandosi di evitare di riscrivere una nuova storia dell'età giolittiana, l'autore punta a ricostruire la biografia dell'uomo, offrendo al lettore un racconto denso e minuzioso, ben articolato e spesso avvincente. Si tratta dunque di un libro piacevole e ricco di spunti interessanti. Da leggersi, però, con qualche riserva critica. L'amore per il personaggio, testimoniata da una vita di studi dedicata dall'autore al suo eroe, espone infatti al rischio frequente di alternare i toni di una composta ricostruzione storica a quelli più tipici della letteratura celebrativa, non priva di sconfinamenti polemici sul terreno del dibattito politico del periodo in analisi. Ritroviamo così, fra le pagine del libro, un ripetuto ricorso all'aggressione verbale nei confronti di coloro che, tra i contemporanei, ebbero a muovere critiche a Giolitti. Valga come esempio il caso del meridionalista Gaetano Salvemini, che allo statista piemontese riferì la nota etichetta di "ministro della malavita": nel raccontarci il fatto, Mola dimentica di ricordare che Salvemini stesso, negli ultimi anni della vita, sarà fra coloro che rivaluteranno la figura di Giolitti, e preferisce invece farne l'oggetto di un'aspra invettiva. Salvo poi render conto dei metodi davvero poco ortodossi con i quali lo statista condusse certe campagne elettorali. Allo stesso proposito, si possono inoltre ricordare le critiche - davvero ingenerose - mosse dall'autore a Filippo Turati, cui vengono esplicitamente addossate mire totalitarie per il solo fatto che egli rifiuti (non per convinzione personale, del resto, ma, come è noto, per "ragion di partito") di sostenere l'opera riformatrice dei governi giolittiani.
Luca Briatore
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