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La grande Russia portatile. Viaggio sentimentale nel paese degli zar dei soviet, dei nuovi ricchi e nella più bella letteratura del mondo
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La grande Russia portatile. Viaggio sentimentale nel paese degli zar dei soviet, dei nuovi ricchi e nella più bella letteratura del mondo - Paolo Nori - copertina
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grande Russia portatile. Viaggio sentimentale nel paese degli zar dei soviet, dei nuovi ricchi e nella più bella letteratura del mondo

Descrizione


Viaggio sentimentale nel paese degli zar dei soviet, dei nuovi ricchi e nella più bella letteratura del mondo.

"Ho cominciato a studiare russo nell'autunno del 1998, trent'anni fa, e, anche se ero già adulto, avevo 25 anni, per me la Russia è stato il posto dove sono diventato grande. Ci sono arrivato nel 1991, quando era ancora Unione Sovietica, ero là durante la rivoluzione del 1993, con l'assalto alla casa bianca, ci ho vissuto durante il coprifuoco che ne è seguito, ho visto le code davanti alle banche determinate dalla riforma monetaria che ha obbligato tutti i russi a cambiare, in tre giorni, tutti i contanti che avevano, che da lì a tre giorni non sarebbero valsi più niente, carta straccia, ho fatto la fila per comprare il pane, ho comprato un orologio Raketa, ho vissuto a Mosca quando non si trovava la carta igienica, ho visto, nello studio del più grande pittore russo contemporaneo, un catalogo di Giorgio Morandi, ho fatto una fotografia nella giacca di Sergej Dovlatov, ho partecipato al primo festival d'arte d'avanguardia e delle performance di San Pietroburgo, ho fatto tutta, senza mai scendere, la transiberiana, da Mosca a Vladivostok, ho visto i soldi che distruggevano la rovina incantevole della piazza del Fieno di Dostoevskij, ho dormito su un banco del settore libri rari della biblioteca Pubblica di Pietroburgo, ho pianto nella sala di lettura numero 4 della biblioteca Lenin di Mosca, ho trovato per la prima volta il coraggio di regalare dei fiori a una donna e ho scoperto, in Russia, come mi piace l'Italia, il suo odore, e mi sono accorto, studiando russo, di che lingua meravigliosa è l'italiano: in questo libro ci son queste cose, e qualche altra ancora, ci sono trent'anni che hanno ribaltato il più grande paese del mondo che, miracolosamente, è rimasto il posto stupefacente che era la prima volta che si sono andato, nel 1991".
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Dettagli

5
2018
30 agosto 2018
184 p., Brossura
9788893816779

Valutazioni e recensioni

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Beatrice
Recensioni: 4/5

Un tuffo nella cultura russa con tutte le sue stranezze: Di Paolo Nori avevo letto solo basso tuba uno dei suoi primi romanzi credo. E' un raffinato studioso di cose russe e traduttore dal russo ed ha un suo stile originale, ma mai banale, a me questo libro è piaciuto molto. E presto, penso di leggermi, I russi sono matti e alcune delle sue traduzioni di romanzi come Chadzi Murat di Tolstoj che non conoscevo. Ho visto delle sue presentazioni, è un tipo divertente, sa un sacco di cose e non fa mai il pedante, per la cultura e letteratura russa è veramente un punto di riferimento. Straconsigliato!

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mich3
Recensioni: 2/5

Lettura scorrevole e interessante, ma non scritta in modo egregio. Avevo aspettative più alte a riguardo.

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n.d.
Recensioni: 5/5

Molto interessante mi è piaciuto molto,

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Voce della critica

Emiliano sì, ma anche russo. Tanti pezzi di vita, aneddoti, e moltissimi riferimenti a libri letti, studiati e scritti (la bibliografia è un ottimo invito alla lettura) costituiscono l’ossatura dei frammenti che Paolo Nori, per la casa editrice Salani, ha raccolto sotto il titolo La grande Russia portatile (177 pagine, 14,50 euro). Libro non poi così singolare, se si guarda al resto della sua bibliografia, che ha tanti titoli classificati come inclassificabili. Pochi, pochissimi passaggi bastano a far capire cosa rappresenti la Russia per Nori. Non mancano molte pagine alla fine, quando chiarisce che «su dei filobus di Leningrado io ho cullato la mia solitudine con una tenerezza alla quale solo in Russia ho avuto accesso, e che gli incubi che ho fatto in Russia son stati più incubi che in qualsiasi altra parte del mondo in cui abbia dormito, e che il bere, in Russia, è stato più bere di quel che è stato bere in Italia…». Ma soprattutto, per chi ancora non l’avesse capito, già dopo 68 pagine Nori spiega urbi et orbi, con totale consapevolezza che, quando era adolescente e giovane, la sua vita non era mica retta dalle decisioni di governi monocolori o pentapartito, semmai era governato (e lui era un suddito felice e riconoscente) da «Bulgakov, Chlebnikov…», e via con un impressionante elenco di geni delle lettere che, a pensarci, sono tutti figli della grande madre Russia.

Il puzzle, anzi il mosaico, si compone lentamente, ma inesorabilmente. La grandeur imperiale e le code per i beni di prima necessità, l’alcol e le case stracolme di libri, la libertà minata da regimi che non la tenevano molto in considerazione. Le “cartoline” di Nori si susseguono, gli hanno in qualche modo permesso di vedere cose dell’Italia impossibili da vedere, e di costruirsi una sua immagine della Russia, vissuta da studente e da studioso fin dai tempi di Gorbaciov, che non ha smesso di esercitare un fascino speciale su di lui e sulla sua felice e stralunata produzione (torna sempre, la Russia, tra le sue pagine, a cominciare da quelle del suo precedente romanzo, Fare pochissimo, citato anche in questo). Col suo sguardo obliquo, Nori compie ogni volta, anche questa volta, il miracolo di fissare l’attenzione su aspetti che altri non considererebbero minimamente degni di attenzione. Sfilano Dovlatov ed Erofeev, Gogol e Brodskij, Achmatova e Tolstoj, Puskin e Dostoevskij e Nori riesce a guardarli con occhi sempre nuovi.

Fatti personali e libri che hanno fatto la storia della letteratura, non solo russa, si intrecciano in un mix mai scontato. C’è Brodskij che vive nel monastero del proprio spirito (Dovlatov dixit), c’è Nori che percorre la prospettiva Nevskij a piedi alle sei del mattino, o che va sulla tomba di Chlebnikov, c’è la Russia del 2017 in cui, più che celebrare il centenario della rivoluzione d’ottobre, si pensa ai mondiali di calcio dell’anno dopo. C’è il ricordo di Italo Calvino, che scriveva di come i russi bevevano solo succhi di frutta (…).  C’erano, tra gli anni Sessanta e gli Ottanta dattiloscritti clandestini battuti a macchina molto letti in russia, si leggeva letteratura non pubblicata (samizdat), occuparsi di quella edita era considerato di cattivo gusto. C’è quella lingua stralunata e parlata, che è l’anima della scrittura di Nori, c’è l’ironia attraverso cui dire anche verità scomode. Un viaggio emotivo che vale la pena fare, la lettura di questo libro.

Recensione di Arturo Bollino

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Conosci l'autore

Paolo Nori

1963, Parma

Scrittore e traduttore italiano. Ha lavorato come ragioniere in Algeria, Iraq e Francia. Laureato in letteratura russa, ha lavorato in Francia per tre anni per un'impresa edile, e poi come traduttore dal russo e dal francese. Ha pubblicato nel febbraio del 1999 per Fernandel (Ravenna) Le cose non sono le cose e, nel maggio del 1999, per Derive Approdi (Roma) Bassotuba non c'è, ristampato nel marzo del 2000 da Einaudi Stile Libero. Collabora con Il con Il Caffè letterario, bimestrale di letteratura ed immagini. Del 2008 sono Mi compro una gilera e Baltica 9. Ha tradotto e curato l'antologia degli scritti di Daniil Charms Disastri (Einaudi), l'edizione dei classici di Feltrinelli di Un eroe dei nostri tempi di Lermontov e delle Umili prose di Puškin. Per UTET pubblica...

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