La fotografia classica della solitudine dell'anziano lo mostra a guardare tristemente la strada dalla finestra di casa; oppure seduto su una panchina ai giardini. La foto più gentile lo vede a spasso col cane. Ora si aggiunge un nuovo scatto: su uno sgabello, ipnotizzato da una slot-machine, nella semioscurità in fondo a un bar. Pensionamento, vedovanza, mancanza o lontananza dei figli provocano spesso l'isolamento, da cui origina un sentimento di solitudine, che a sua volta funge da incubatore a uno stato di depressione. Se il lungo tempo libero non viene in qualche modo impegnato e valorizzato, rischia di essere solo un "tempo vuoto". Riuscire a passare il tempo, a trascorrere bene la giornata, può voler dire cercare soddisfazioni momentanee, rifornirsi di piccoli piaceri, producendo sensazioni che almeno per qualche istante consentano di aprire un varco nel muro della noia. L'illusione e l'emozione di una improbabile vincita al gioco costituiscono uno di questi momenti. Il gioco d'azzardo, infatti, "cattura l'attimo", con un'eccitazione che inizia con l'idea di sfidare la sorte, prosegue nella trepidazione dell'attesa del risultato, e si conclude con la delusione della perdita a cui si reagisce covando mentalmente la rivincita. L'"industria" del gioco d'azzardo si regge interamente su questa particolare domanda di consumo: un consumo di illusioni, emozioni, eccitazioni e tensione. Gli over 65 hanno acquisito un rilievo sempre maggiore, soprattutto sotto il profilo economico. Le loro illusioni da alimentare, il loro bagaglio emotivo da risvegliare e la loro eccitazione da sostenere, costituiscono un'area di mercato (e di prelievo) appetibile e non trascurabile. Gli autori mettono in evidenza i molteplici aspetti che intrecciano l'azzardo con la terza e quarta età, sgomerando il campo da numerosi equivoci e cliché fuorvianti, e riportano l'attenzione su una "congiunzione", persone anziane e gioco d'azzardo problematico, che rischia di porsi come una questione critica per il prossimo futuro.
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