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Ho divorato questo libro, perchè mio nonno era un Cavaliere di Vittorio Veneto. Era molto orgoglioso di questa onorificienza, e tutte le volte che indossava il vestito "buono"metteva lo scudo di Cavaliere. E' morto che avevo poco più 15 anni, abitavamo...lontano (allora fare 150 km pareva un odissea, ora in poco più di un ora lo potrei andarelo a trovare tutti i giorni...!!! )Non mi ha mai raccontato niente, se non che aveva un paura tremenda, e che sparava dalla trincea senza neanche guardare dove sparava ( o forse era quello che mi raccontava per non dirmi altro...) Questo libro in grandi linee, mi ha fatto capire cosa hanno subito e visto quegli occhi azzurri che avevo di fronte.Ho poi fatto io militare negli Alpini, e come campo lavoro sono stato un mese a ripulire la strada degli Eroi, sul momte Pasubio, e un pò ho potuto immaginare la vita di questi soldati. Mio nonno è morto nel 1972, ed e i suoi reti sono stati riesumati nel 2014. Io, contro tutti i miei fratelli, che mi dissudevano, ho voluto assistere alla mesta cerimonia, ricordando che una volta chiesi a mio padre, dove era finita la medaglia di Cavaliere di mio nonno. Lui mi rispose che era nella tomba con lui.Al necroforo, chiesi se era possibile che venisse ritrovata, e questi mi disse che se era d'oro, si, era possibile. Per farla breve, ora la ho io, e la custodirò gelosamente, per tutta la vita.
Purtroppo l'autore, nonostante l'abbondanza del materiale a disposizione, non è riuscito a trasmettere a chi legge le sensazioni, le emozioni e anche gli aneliti di chi, in battaglia o sul fronte interno, fu impegnato in quel sanguinoso conflitto. I motivi sono più d'uno: l'impostazione dell'opera, senza idee ben precise sul messaggio che con essa si voleva comunicare; il taglio giornalistico della scrittura, imputabile anche al fatto che Cazzullo è inviato ed editorialista del Corriere della Sera; il tono, che non è mai in linea con ciò che si sta scrivendo, nel senso che è distaccato quando l'autore dovrebbe essere partecipe ed è invece enfatico quando invece occorrerebbe la logica freddezza di un necessario approfondimento; ed è proprio nell'approfondimento che è carente, nel senso che manca questa caratteristica indispensabile per definire saggio storico il libro, che invece finisce con il trascinarsi in notizie, peraltro già ben note. Forse il desiderio di raccontare tutto è andato a discapito della qualità, ma questa è una colpa dell'autore che doveva senz'altro parlare della Grande Guerra nell'ottica degli umili soldati che l'hanno combattuta, ma poi questo obiettivo si deve essere perso per strada, fra tanti capitoli di argomenti diversi, che non hanno neppure un filo logico che li unisca. Ne risulta una sorta di minestrone, che se non è indigesto, però risulta anche senza sapore, al punto che dopo aver letto mi sono pentito di essermelo procurato. Dulcis in fundo le fonti non vengono citate ed è logico in un libro che non dice nulla di più di quanto già sapessimo, scritto per onorare la memoria dei nostri nonni che, però, se fossero ancora vivi, avrebbero non poco da risentirsi.
Mio Padre aveva vent'anni nel 1915: venne richiamato, frequentò un affrettato corso di Allievo Ufficiale a Firenze (lui che non era mai uscito dalla natia Sicilia) e spedito al fronte. Si fece tutti i 41 mesi della guerra. Per fortuna sua era stato assegnato all'Arma di Artiglieria per cui, tranne per brevi periodi, gli fu risparmiata la prima linea. Ma non mi parlò mai della guerra: l'aveva voluta rimuovere dalla memoria come, leggendo il bel libro di Cazzullo, apprendo che è capitato a molti ex-combattenti. Io ho avuto una vita molto più tranquilla della sua, anche se nell'infanzia sono stato toccato dai bombardamenti e dallo sfollamento, ma ho sempre nutrito molta curiosità per la Grande Guerra, anche in virtù del fatto che, da bambino, ho avuto l'occasione di frequentare la città di Trento, liberata proprio al termine di quella guerra. Mi sono perciò accinto a leggere il libro che ho divorato in un paio di giorni. Devo dire che ho imparato molte cose: non sapevo dell'odissea degli italiani sudditi dell'Austria finiti in Mongolia, né conoscevo le sevizie e gli stupri che dovettero subire le nostre donne nell'anno di occupazione del Veneto da parte dell' esercito austriaco. Ma soprattutto è stata confermata la mia opinione che si è trattato, secondo la frase di Papa Benedetto XV, di un'inutile strage" che, con un po' di buon senso da parte di tutti gli Statì Maggiori si sarebbe potuta evitare e che, soltanto all'Italia, inizialmente dichiaratasi neutrale e poi passata dall'adesione alla Triplice all'alleanza con le potenze dell'Intesa, è costata 650.000 morti e circa un milione di feriti. A chi vuole approfondire le vicende che portarono alla guerra consiglio la lettura di "I Thibault" di Roger Martin du Gard. Vorrei concludere con una citazione di Indro Montanelli riportata nel libro: "Un Paese che non ricorda il passato non ha futuro",
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