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"Guerriera" comincia già nella copertina del libro, con la cara immagine di un'Amazzone che porta una spada dietro la schiena. Un tipo di spada che passa in maniera trasversale attraverso massime di saggezza antiche che si ritrovano non solo nei testi sacri di varie religioni praticate nei luoghi più disparati del mondo, ma si ritrovano tuttora anche nelle placide riflessioni di ogni uomo mite che conosca abbastanza bene se stesso. Un paradosso? Niente affatto! Anche nei vangeli cristiani si parla di una "spada" che recide i legami troppo morbosi, chiusi, ciechi, unilaterali ed egoistici, oggetto di discussione anche nel discorso di Martin Luther King che viene ricordato in una delle poesie del libro. Una delle "vigliaccherie estetiche" tipiche dei libri di poesie tra virgolette "normali" sta nel fatto che i versi tendono il più delle volte a "sedurre" l'immaginazione del lettore con belle combinazioni di suoni, rime, assonanze e giochi d'incastro semantici . Perfino le poesie d'amore, per fortuna non tutte, talvolta tendono addirittura a consolare i desideri meschini del lettore, a fargli quasi capire che non esiste una via d'uscita dall'adorazione cieca e fanatica di un oggetto di desiderio, che quindi finisce col chiudere l'attenzione dell'individuo nei confronti dell'immensa varietà che il mondo offre fuori da quello. Non è un caso che i versi di "Guerriera" si sforzano di provare a rifuggire le "menzogne estetiche" calcolate in maniera sofisticata. E infatti il terreno in cui si muovono i versi di Elisabetta è quello più arcaico delle filastrocche e delle conte popolari infantili, contrassegnato da numerose ripetizioni ritmiche di parole, versi e strofe. Vi si respira dentro una sorta di "pseudorazionalità" candida e serena che aspira a quel tipo di "conoscenza", che non reprime in nessun modo il vissuto emotivo, affettivo, sentimentale, ma che, anzi, attraverso lo sforzo di comprensione di qualcosa "che sta dietro", lo potenzia e lo allarga verso l'esterno.
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