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Il volume di Rossi è il primo studio critico italiano ad affrontare la produzione di Guillaume Du Fay avvalendosi delle più aggiornate acquisizioni filologiche e di un rigoroso metodo analitico. Nella premessa, l'autore si interroga sulle motivazioni che lo hanno spinto a scrivere una nuova monografia dopo i contributi, ormai scolpiti nella storia, di David Fallows e di Massimo Mila e le ricerche preziose di Alejandro Enrique Planchart. "Sembrerebbe scrive Rossi che tutto sia stato già scritto e che le poche zone d'ombra sulla sua vita e sulla sua produzione dove e quando Du Fay sia nato, per esempio siano destinate a rimanere irrisolte. D'altronde, la complessa statura musicale di Du Fay rende possibile proporre nuove riflessioni, riproponendo a partire dalle posizioni degli studiosi sopra menzionati, magari con una veste meno accademica, un compositore che merita di essere studiato e ristudiato, e soprattutto ascoltato e riascoltato". Proprio tale freschezza contraddistingue il volume, il cui perno è l'analisi puntuale delle opere, inserite nel contesto storico e anche nel dibattito critico. Rossi prende posizioni, talvolta offrendo un punto di vista lontano dalle interpretazioni precedenti, ad esempio nella sezione inerente la musica profana: l'intonazione a tre voci della Canzone alla Vergine è l'occasione per stabilire una relazione con la prassi improvvisativa in luogo di una definizione d'appartenenza alle forme ormai consolidate della musica profana rinascimentale.
La monografia si può dividere in due parti: l'una biografica e analitica, l'altra di strumenti, quali catalogo delle opere, bibliografia con annesse tavole, discografia essenziale, un prezioso glossario e l'indice dei nomi. La parte del volume dedicata alla vita è suddivisa in Gli anni giovanili: tra ipotesi e certezze, Gli esordi nell'agone internazionale: Costanza e Rimini, Ritorno a casa e di nuovo in Italia, Cappella papale, Corte ducale di Savoia e Cambrai: alternatim. La biografia è inserita nel contesto storico e politico dell'epoca; il risultato è uno studio sulla cultura del Quattrocento e non soltanto una sequenza di eventi biografici. Un esempio è il paragrafo Gli esordi nell'agone internazionale: Costanza e Rimini, in cui Rossi partendo dagli eventi storici, la "cattività avignonese" e i successivi concili convocati per porvi rimedio, delinea lo scenario internazionale in cui Du Fay si inserisce e il conseguente aggiornamento delle tecniche compositive, come il faburden, una tecnica improvvisativa di origine inglese. Il faburden viene ripreso poi nella parte delle opere e illustrato attraverso l'analisi del mottetto Supremum est mortalibus bonum.
Alla sezione biografica segue quella dedicata alla ricognizione sulle opere. La sezione è divisa in Du Fay e il Quattrocento musicale, Musica profana, I Mottetti, Le Messe, La produzione trattatistica. È qui che si ha il maggiore scarto dagli illustri predecessori, perché l'analisi delle opere diviene il mezzo per affrontare la spinosa questione delle forme della musica nel Rinascimento. Anche in questo caso Rossi si distingue: non presenta solo i fatti, propone nuove linee interpretative sostenute dall'evidenza della scrittura musicale del compositore e da una costante attenzione allo studio filologico delle fonti. Si prenda l'analisi di Quel fronte signorille, ossia l'intonazione musicale di Craindre vous adattata a un testo italiano; la forma di Quel fronte signorille ha generato alcune incertezze risolte da Planchart attribuendo al brano una "forma poetico-musicale non chiara", Rossi invece propone di leggerlo come contrafactum, tecnica che prevede l'attribuzione di un nuovo testo a un canto preesistente e comporta una sorta di adattamento formale dell'intonazione musicale; nel caso di Du Fay l'autore del canto è sconosciuto.
La scelta di un'impostazione analitica si combina con una prosa scorrevole e comprensibile; lo stile è lineare, non tecnico in maniera ricercata. Anzi, l'utilizzo delle indicazioni mensurali quali tempus perfectum diminutum e tempus imperfectum diminutum accompagnate da una spiegazione e da tabelle esplicative dello schema formale agevolano la comprensione dell'analisi, dei mottetti in particolar modo, e soprattutto della tecnica dell'isoritmia, molto sfruttata da Du Fay; dalla lettura di questo volume si esce arricchiti, con una maggiore competenza sia riguardo al compositore sia sul periodo storico in generale. Soprattutto, l'idea che emerge alla fine della lettura è che Du Fay sia un compositore poliedrico: ha standardizzato le forme, come nel caso del mottetto isoritmico e della messa su cantus firmus, e nel contempo ha avviato un processo innovativo su quelle stesse forme. Il contemporaneo Loyset Compère colse questa peculiarità definendo Du Fay "luna totius musicae"; un compositore, appunto, "a tutto tondo". Marida Rizzuti
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