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"... intanto i Greci occuparono l'altra sponda fino allo Stretto... infatti già dai tempi della Guerra di Troia, occupavano gran parte dell'entroterra; e quando si accrebbero al massimo chiamarono quella terra Magna Grecia". La lamina decorativa di uno scudo (émblema) rinveuta ad Olimpia e sottovalutata, chiarisce un'infinità di problematiche (e molte altre ne apre) e spiega, dopo un'attenta lettura, l'esempio paradigmatico di una città magnogreca. A differenza delle città principali, prime colonie su suolo italico, il bronzo di Olimpia ci narra una storia di una realtà figlia di se stessa, in grado di mantenere indipendenti le proprie origini, dapprima comecentro siculo, mantenendone il nome Veiponio, e poi come centro magnogreco in grado di detenere una forma, anche orgogliosa di propria indipendenza, lasciandosi guidare dalla sua madrepatria, Locri, nelle manifestazioni più elevate della vita. Attraverso uno studio dettagliato, si è tentato di restituire tramite labili tracce, l'intera storia di Ipponio, dalla presenza come entità italica (sicula) fino all'intervento dei Romani nella regione. Il quadro che ne è risultato è quello di una entità civica, formalmente indipendente, moderatamente ricca, non ostentante e profondamente legata alla guerra come strumento di libertà e alla spiritualità religiosa.Questa indipendenza, combattuta almeno per quattrocento anni, dall'ingerenza locrese al riconoscimento romano, non avrebbe potuto produrre altro che una città tanto degna della propria storia e della propria coscienza da aver ottenuto da Roma l'appellativo che, ancora oggi forse troppo incoscientemente, porta: Valentia.
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