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«Dalla confusione è possibile che sorga l'ordine: ma può trattarsi dell'ordine di una tirannia perversa, anziché dell'ordine di una monarchia giusta. Entrambe le cose possono accadere e una tale alternativa è sufficiente a far tremare uno Stoico! In realtà è possibile che ci salviamo con mezzi di ben altra natura, ma questi mezzi non saranno a nostra disposizione, questa via di salvezza non si dischiuderà davanti a noi, senza il concorso e l'nfluenza di un Re Patriota, il più insolito di tutti i fenomeni che sia dato di vedere nel mondo fisico o in quello morale».
(Bolingbroke).
Da dove trae la fonte di legittimazione del proprio potere l'istituto monarchico? Certo, da un pricipio di ordine dinastico; ma solo nel senso che l'ereditarietà del trono è molto meno pericolosa, meno apportatrice di tensioni, tutto sommato meno esposta all'aleatorietà, di quanto non sarebbe una elezione del sovrano da parte del popolo. Sta di fatto però che è dal popolo che deriva la fonte vera del potere del re. Soltanto un monarca organicamente connesso alle aspirazioni e ai bisogni della sua gente, solo un «re patriota» potrà rappresentare il punto più alto di governo delle relazioni politiche di una nazione. E se simile monarca è «il più insolito di tutti i fenomeni che sia dato di vedere nel mondo fisico o in quello morale», ciò dipende appunto dal carattere stesso della sua legittimazione, che non può avvenire per elezione, ma non può nemmeno ignorare una qualche maniera di investitura e di controllo popolare.Sotto la classica forma machiavelliana del trattato sull'educazione del principe si nasconde, in queste pagine, uno dei testi più densi e drammatici dello scontro politico tra Whigs e Tories nell'Inghilterra del Settecento. Il contesto inglese è già segnato, a quell'epoca, da forme assai complesse di dialettica politica. Già da tempo il monarca non ne è più il protagonista esclusivo. Attorno a lui si sviluppa una lotta forte ed esplicita fra i soggetti politici, entro la quale, se mai, sono da ridefinire e calibrare le prerogative di garanzia della funzione del sovrano. Sono proprio queste funzioni di garanzia che, agli occhi del conservatore Bolingbroke, sono state ampiamente disattese dalla pratica della nuova dinastia degli Hannover, successa a quella degli esiliati Stuart. Sono queste funzioni che un re patriota dovrebbe incaricarsi di ripristinare.Elegante e finissimo nell'argomentazione, colto e raffinato nello stile quanto acido e graffiante nell'intenzione polemica, il testo di Bolingbroke - che viene qui presentato per la prima volta al lettore italiano - rappresenta un punto di svolta nella storia delle teorie politiche dell'Europa moderna. Da quel momento in avanti, anche la più conseguente impostazione conservatrice non potrà più far ricorso all'idea di una legittimazione assoluta del potere, ma dovrà scendere, per sostenere le proprie ragioni, sul terreno controverso della contrapposizione e della polemica politica.
recensione di Di Rienzo, E., L'Indice 1995, n. 9
Chi davvero dovesse pensare che il violento movimento d'insofferenza verso i partiti politici costituisca un fenomeno peculiare soltanto del plumbeo clima della nostra "seconda repubblica" potrebbe essere facilmente disingannato da questa convinzione, grazie alla lettura de "L'Idea di un Re Patriota" del 1738, opera di Henry Saint-John, visconte di Bolingbroke, statista e massimo esponente del partito conservatore inglese nella prima metà del Settecento.
Per Bolingbroke la storia politica dell'Inghilterra è sempre stata una storia di libertà, che si è finalmente incarnata, dopo la "gloriosa" rivoluzione del 1689, in una vera e propria carta dei diritti politici; che ha riunito nel rispetto del suo dettato l'intero corpo nazionale. Ma, a partire dal primo quindicennio del XVIII secolo, la perfidia del partito liberale, arrivato da quella data ad assicurarsi una pressoché incontrastata egemonia politica, ha rinnovato le antiche divisioni, estromettendo gran parte del paese dal gioco politico e criminalizzando l'opposizione con l'accusa di esercitare un'attività anticostituzionale.
Questa accusa è per Bolingbroke naturalmente infondata. I veri pericoli per l'assetto costituzionale inglese provengono, invece, dal partito di governo che, dopo aver emarginato gli avversari, ha snaturato la legalità delle elezioni e della vita parlamentare, attraverso un'estesa e capillare corruzione, e ha fatto del monarca, che doveva essere il "padre" dell'intera nazione, un semplice, esponente della maggioranza governativa e un cieco strumento del dispotismo ministeriale, violando in questo modo la stessa tradizionale divisione dei poteri.
Tutti coloro che vogliono difendere l'antica indipendenza del popolo britannico sono ormai riuniti in un "country-party" che non rappresenta le ambizioni di una frazione, ma la voce dei diritti inconculcabili dell'intera nazione e alla cui testa si dovrà porre un "Re patriota", autenticamente super partes, unicamente preoccupato del mantenimento delle libertà politiche e del benessere materiale e morale del suo regno.
Questo classico del moderno costituzionalismo ci viene per la prima volta offerto in una traduzione italiana, grazie al lavoro di Guido Abbattista, che ha fatto precedere al testo una pregevole introduzione, nella quale si riesce finalmente a far giustizia della tradizionale ipotesi storiografica, che riguardava l'inserimento, senza mediazioni, di Bolingbroke nel filone dell'ideologia conservatrice insulare. Un'ipotesi, questa, che mancava di sottolineare come molti degli argomenti dell'"Idea del Re Patriota" avessero, poi, fornito alcuni dei principali riferimenti teorici al radicalismo inglese della seconda metà del secolo, all'opposizione politica francese della fine dell'antico regime e persino, mi sentirei di aggiungere, agli uomini della Rivoluzione, nella loro polemica contro le istituzioni parlamentari e l'idea di partito inglesi.
Sotto la classica forma machiavelliana del trattato sull'educazione del principe si nasconde, in queste pagine, uno dei testi più densi e drammatici dello scontro politico tra Whigs e Tories nell'Inghilterra del Settecento. Il contesto inglese è già segnato, a quell'epoca, da forme assai complesse di dialettica politica. Già da tempo il monarca non ne è più il protagonista esclusivo. Attorno a lui si sviluppa una lotta forte ed esplicita fra i soggetti politici, entro la quale, se mai, sono da ridefinire e calibrare le prerogative di garanzia della funzione del sovrano. Sono proprio queste funzioni di garanzia che, agli occhi del conservatore Bolingbroke, sono state ampiamente disattese dalla pratica della nuova dinastia degli Hannover, successa a quella degli esiliati Stuart. Sono queste funzioni che un re patriota dovrebbe incaricarsi di ripristinare.
Elegante e finissimo nell'argomentazione, colto e raffinato nello stile quanto acido e graffiante nell'intenzione polemica, il testo di Bolingbroke - che viene qui presentato per la prima volta al lettore italiano - rappresenta un punto di svolta nella storia delle teorie politiche dell'Europa moderna. Da quel momento in avanti, anche la più conseguente impostazione conservatrice non potrà più far ricorso all'idea di una legittimazione assoluta del potere, ma dovrà scendere, per sostenere le proprie ragioni, sul terreno controverso della contrapposizione e della polemica politica.
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