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Bel giallo piscologico dal ritmo lento in stile nordico. Ricostruzione storica splendida e Stoccolma protagonista dall'inizio alla fine. Consigliatissimo agli amanti del genere.
Se amate i thriller dal ritmo incalzante questo romanzo non fa per voi. Se, al contrario, in un'indagine poliziesca quello che più amate è la descrizione della psicologia dei personaggi e la minuziosa ricostruzione dell'ambiente in cui si muovono, allora lo adorerete. Due sono i tempi e i luoghi della vicenda. 1953: il commissario Stierna va in pensione e si trasferisce a Visby, nell'isola di Gotland. Mancano pochi giorni allo scadere dei termini di prescrizione per un odioso delitto commesso venticinque anni prima e mai risolto. 1928, Stoccolma: una bimba di otto anni viene rapita e uccisa senza un apparente motivo. Il giovane e promettente commissario Stierna si getta a capofitto in un'indagine che segnerà tutta la sua vita e da cui uscirà sconfitto su tutti i fronti. La moglie lo lascerà e il posto di comandante dell'anticrimine di cui era il naturale erede verrà assegnato a un altro, ma Stierna continuerà imperterrito a inseguire un assassino invisibile che ha agito in mezzo alla gente e di cui nessuno ricorda la fisionomia. Stoccolma è l'altra grande protagonista del romanzo. L'autore ricostruisce con precisione certosina la geografia della città e ci fa vivere la trasformazione di Södermalm da quartiere degradato, dove risiedeva la frangia più povera della popolazione, all'odierno salotto buono della città, pieno di caffè e ristoranti. Ma la ricostruzione di Ljunghill si spinge più in là: non solo i luoghi, ma anche usi e costumi della Svezia del tempo. Dagli omnibus ai capi di abbigliamento, dagli oggetti di uso comune alle figurine degli sportivi, che avranno un'importanza non secondaria nell'indagine. Un affresco storico impagabile, prima ancora che un poliziesco
Un bel romanzo senza dubbio, scritto bene e in quello stile tipicamente svedese che ha preso il largo negli ultimi anni imponendosi con forza nell'editoria. Un giallo poliziesco diverso dai soliti Deaver e simili, ogni tanto ci vuole. Per nulla scontato, da leggere sicuramente.
Recensioni
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Stoccolma 1953. Come di consueto John Stierna è seduto alla sua scrivania, intento a redigere la sua ultima relazione relativa a una vecchia indagine. Aveva chiesto di essere trasferito al Museo del Crimine nove anni prima e ora, nel suo ultimo giorno di lavoro, si appresta a concludere la sua carriera senza troppi clamori. Sebbene infatti manchi ancora un anno alla pensione, il poliziotto è convinto che sia giunto per lui il momento di abbandonare il lavoro. Avrebbe trascorso il resto del suo tempo nella tranquilla cittadina di Visby, nel tentativo di lasciarsi il passato alle spalle.
Stoccolma, 3 settembre 1928. Un giovane sconosciuto avverte la polizia di aver ritrovato il cadavere di una bambina barbaramente uccisa in un cantiere navale abbandonato da anni e di proprietà del comune. Lì il ragazzo era solito cercare scampo durante le notti più fredde, e anche quella sera, come altre volte, era arrivato fin là. Contrariamente a quanto accadeva di solito però aveva trovato la porta aperta e salendo le scale si era trovato davanti un cadavere barbaramente ucciso. Spaventato dal rumore di alcuni passi era stato costretto a nascondersi dietro uno scaffale: una figura alta e magra, avvolta in un mantello e con un cappello in testa, si era introdotta nella stanza con l’intento di recuperare una borsa in cui era contenuti alcuni oggetti. Come spesso accadeva, l’assassino era tornato sul luogo del delitto, ma il buio pesto aveva impedito al testimone di vederlo in viso.
Il caso era stato affidato a John Stierna, giovane commissario della Divisione anticrimine che, dopo essersi recato sulla scena del delitto, osservato il cadavere e raccolto tutti gli elementi a disposizione, aveva dato inizio alle indagini. La vittima era stata identificata in una bambina di nove anni di nome Ingrid Bengtsson, scomparsa pochi giorni prima. L’assenza di un pista privilegiata e la scarsità di indizi utili facevano brancolare il commissario nel buio, mentre una valanga di dubbi e di domande continuavano a tormentarlo. Com’erano arrivati lì la vittima e il suo assassino? Perché la piccola aveva deciso di seguirlo? Possibile che l’uomo non avesse lasciato alcuna traccia? Ma soprattutto chi avrebbe potuto commettere un omicidio così efferato ai danni di una bambina? Perché?
Le indagini erano andate avanti senza esito per mesi e poi per anni, e nella carriera di Stierna quella storia terribile, di cui non era riuscito a venire a capo, era rimasta come una macchia scura, un mistero irrisolto che avrebbe continuato a pungolarlo per il resto dei suoi giorni.
Ora, dopo venticinque anni e a pochi giorni dall’archiviazione definitiva del caso, un giornalista aveva bussato alla porta del commissario ridestando in lui l’eco di una promessa fatta alla madre della bambina e mai mantenuta: catturare l’assassino. Questa era forse l’ultima possibilità che la vita gli concedeva? Sarebbe riuscito a fare condannare l’uomo che aveva ucciso Ingrid prima che il processo cadesse in proscrizione?
L’invisibile sancisce un esordio esaltante: un thriller di impianto classico scritto con uno stile elegante e ricercato, pacato ma al tempo stesso ricco di suspense, in cui la narrazione procede avanti e indietro nel tempo, obbligando il lettore a compiere dei salti continui fra passato e presente, fra il 1928 e il 1953. Inoltre, la storia impone alla voce narrante di seguire di volta in volta i pensieri del commissario Stierna e quelli del misterioso assassino, che, invisibile, si insinua anche lui sin dall’inizio fra le pagine del romanzo.
Nel suo primo libro Pontus Ljunghill mette a frutto tutta la sua abilità ed esperienza di giornalista e criminologo: l’ampia caratterizzazione di luoghi e personaggi e l’articolazione della trama risultano infatti quanto mai convincenti e realistiche.
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