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L' irrequieta certezza. Saggio su Cartesio - Paola Rodano - copertina
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L' irrequieta certezza. Saggio su Cartesio - Paola Rodano - copertina
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1995
5 febbraio 1995
326 p.
9788870883565

Voce della critica


recensione di Scribano, E., L'Indice 1996, n. 3

Sembrano davvero lontani i tempi in cui Martial Gueroult dedicava due volumi di sottile esegesi a dimostrare come il sistema che Descartes aveva costruito nelle "Meditazioni metafisiche" fosse un castello teorico compatto e inespugnabile. Lo stato attuale delle ricerche punta invece su un'immagine drammatica e lacerata della metafisica cartesiana, in sintonia, semmai, con l'approccio di Ferdinand Alquié, che, nel 1950, aveva presentato la metafisica cartesiana spaccata in due: un Descartes precedente alla scoperta della veracità divina e dominato dalla teoria della libera creazione delle verità eterne, e un Descartes successivo a questa scoperta.
Anche nel bel libro che Paola Rodano dedica ora alla metafisica cartesiana il pensiero di Descartes appare diviso in due: un Descartes dominato dalla decisione di scavare un abisso tra finito e infinito - il Descartes della libera creazione delle verità eterne -, e dalla conseguente fondazione della scienza sull'io pensante, quindi sul finito, e sul soggetto, e il Descartes del fondamento oggettivo della scienza, costruito a partire dalle prove dell'esistenza di Dio della terza meditazione. Paola Rodano giudica i due percorsi cartesiani "francamente tra loro contraddittori". La dottrina della libera creazione delle verità eterne, infatti, rende impossibile il possesso di quell'idea chiara e distinta di Dio su cui le prove della sua esistenza si fondano. Il rigore con il quale Descartes ha inteso pensare l'infinito e la sua irriducibilità al finito impediscono di accedere all'infinito attraverso un'idea creata. Il vero "cerchio vizioso" cartesiano sta proprio nel tentativo di sottomettere il Dio dichiarato superiore alla logica umana a quella stessa logica. Spia dell'impossibilità di sottomettere il Dio che può tutto alla ragione sarebbe la conclusione "mistica" della terza meditazione, con la "contemplazione" e l'"adorazione" del Dio sommamente perfetto, una conclusione che Paola Rodano invita a prendere estremamente sul serio.
Perché, si chiede l'autrice, questo passaggio "deludente" dalle novità del cogito alla tradizionale struttura teologico-partecipativa delle prove dell'esistenza di Dio? La risposta va nella direzione di quella a suo tempo fornita da Alquié per spiegare l'origine della tesi, ai suoi occhi altrettanto deludente, della veracità divina: il passaggio è necessario per dare realtà alla conoscenza del mondo che, altrimenti, chiusa nella soggettività dell'io, resterebbe solo ipotetica, possibile, una "favola", per dirla col Descartes del 1630. Ma la radicalità del dubbio - e la radicalità del pensiero dell'infinito - hanno tagliato i ponti alle spalle di Cartesio e reso impossibile il recupero del mondo a partire dall'evidenza dell'io pensante. Lo scopo delle "Meditazioni" - "c'è il mondo e noi possiamo conoscerlo" - non è più raggiungibile. Pascal e il rifiuto della filosofia sembrano allora a Paola Rodano una risposta legittima all'impossibilità di cogliere l'infinito e di dare fondamento oggettivo alla scienza all'interno della finitezza.
Cartesio, si sa, non ha avuto seguaci, ma solo traditori, visioni parziali, "discerpta membra" del suo elegantissimo corpo. La rinuncia di Pascal alla filosofia e alla pensabilità dell'infinito, la partecipazione a Dio di Malebranche e Spinoza, sono tradimenti, ingenerati tutti dall'appropriazione di una delle due anime della metafisica cartesiana a scapito dell'altra. E tuttavia gli smembramenti postcartesiani di Descartes appaiono assai più banali del tentativo, forse meno fragile di quanto venga dipinto nelle intelligenti pagine di Paola Rodano, di far convivere un fondamento certo della scienza con la separazione tra l'intelletto umano e l'intelletto divino, un tentativo che fa tutta la grandezza di Descartes, e la sua peculiare unicità.

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