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Lo stesso autore avverte: "questo libro non ha pretese". Aggiunge che spera sia leggibile e che avrebbe desiderato scriverlo insieme a Indro Montanelli. Un compendio storico, ma senza quel piacevole stile dei libri di storia di Montanelli insieme a Mario Cervi, Roberto Gervaso, Sergio Romano. Questa è un'opera di un autorevole storiografo che descrive le conseguenze di avvenimenti importanti, come le sistematiche invasioni degli stranieri di diverse provenienze che, inevitabilmente, hanno tanto influenzato gli sviluppi del nostro Paese, generando nella vita degli Italiani, di ogni epoca, tutta una serie di ripercussioni dalle quali, finalmente, nel male e nel bene, sono derivate le caratteristiche della nostra particolare indole. Purtroppo, a questa lettura, manca proprio il brio e quell'estro, quell'ironia, quello spirito critico così toscanamente esuberante che a volte sfiorava il sarcasmo del grande Montanelli, il quale, se avesse potuto dare il suo contributo alla redazione di questo libro, l'avrebbe sicuramente improntato su di un diverso stile molto più divertente di più scorrevole lettura di quello che di fatto è risultato a me. Forse, mancano pure un po' di dettagli sulle scorrerie di quei personaggi che hanno segnato il ricordo dei loro passaggi per le nostre contrade; per esempio, le note vicissitudini registrate dell'invasione dei Vandali, di Attila, tanto per fare un nome: un personaggio che la nostra letteratura non ha mai abbastanza descritto, all'infuori della retorica, secondo la quale, dove passava lui, non cresceva più l'erba, come se si fosse trattato semplicemente dell'ultimo selvaggio che pensava solo a lasciare cenere dietro se stesso. Mancano anche riferimenti alle silenziose "invasioni" degli Inglesi in Toscana, che chissà se in tale opportunità, non abbiano imparato il gioco del calcio che poi hanno diffuso in tutto il mondo. Ma, ciononostante, è un'opera che vale la pena di leggere, dinanzi al caminetto in un fine settimana di ciel coperto.
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