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Anno edizione: 2017
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Il Barone Michele Catalano vive a Cammarana nella seconda metà del settecento ed è uno dei più importanti e facoltosi proprietari terrieri della zona. Egli, giovane gentiluomo, ha ereditato dal padre il feudo e con una amministrazione intelligente ed oculata lo ha ampliato notevolmente, fino a farlo diventare una potenza economica. Solo un altro nobiluomo rivaleggia con lui, è il principe abate don Giacomo Paternò rettore del monastero di san Marco. Le due figure si fronteggiano essendo diametralmente diverse. Il barone Catalano, seppure molto giovane, è diventato uno degli uomini più ricchi e potenti dell’intera Sicilia ma è comunque un idealista, seguace dell’illuminismo nascente e sensibile alla sorte dei più deboli. L’altro è il rappresentante delle idee più conservatrici e fa del cinismo e della cattiveria l’arma principale del suo potere, che esercita anche attraverso il tribunale della Santa Inquisizione. Il barone ha in testa idee strampalate, addirittura vuole coinvolgere i contadini della contrada “Culorva” in un esperimento di partecipazione alla gestione delle terre. Lo scontro tra i due è inevitabile ed esso si acuisce ancora di più quando la contessina Isabella Cascio conosce il barone Michele e se ne innamora. Ella è stata l’amante dello zio abate don Giacomo. Isabella, ormai disperata, trova in Michele la forza di ribellarsi agli stupri dello zio e lo lascia iniziando una vera storia d’amore col giovane. Ne scaturisce una guerra e il popolo e la parte più avanzata della società si schiera dalla parte del barone con pubbliche dimostrazioni di entusiasmo. Il potere assoluto dell’abate comincia a scricchiolare e allora egli ricorre alla sua arma più forte e pericolosa, il tribunale della Santa Inquisizione. Il pericolo è veramente grande, l’ombra dell’autodafé e del successivo patibolo si profilano minacciose all’orizzonte di Jungi. Solo un miracolo può salvare il barone Michele Catalano. San Domenico Urbano, santo protettore della famiglia del giovane
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