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Piccolo ma illuminante!
Quattro brevi saggi compongono questo libriccino di Berardinelli edito da Nottetempo nella collana "Gransasso". L'ultimo è un affettuoso e ammirato omaggio a Giorgio Caproni, e inizia con una icastica descrizione di una fotografia del poeta, del suo volto "straordinario...contratto in una contrazione drammatica e stranamente allegra", per continuare con alcuni aneddoti biografici che ben illustrano il suo carattere e concludersi con il commento di quattro poesie e la fulminea definizione della "narratività e teatralità" della sua scrittura, con le peculiarità che la rendono unica: "l'autoriduzione alla scarsità", "l'esibita concisione, amaramente parodistica e umoristica", "la presenza della assenze, l'invasione del nulla e dei vuoti". Nel primo dei suoi interventi, il critico romano si espone in una vibrante difesa della lettura, intesa come "modo per uscire da sé e dall'ambiente circostante, ma anche... per frequentare più consapevolmente se stessi, il proprio ordine e disordine mentale". Le letture che contano, dal Vangelo ai classici a Marx, "non perdonano chi resta quello che era dopo averle lette": devono quindi stupire, emozionare, trasformare chi legge. E così nel secondo saggio, Berardinelli si sofferma sulle qualità che deve possedere un critico letterario ("attenzione al linguaggio e...immaginazione e curiosità per gli esseri umani", "una certa dose di bibliofilia", capacità di essere "diagnostici e visionari"), oltre a un particolare disagio esistenziale nei riguardi di un mondo che non si riesce ad accettare completamente, e si vorrebbe cambiare. Ma è soprattutto nel capitoletto dedicato alla poesia contemporanea che ritroviamo il Berardinelli critico severo, caustico e risentito nei riguardi di una sovrapproduzione odierna "senza regole che non richiede a nessuno di avere qualcosa da dire", e che "promuove come scrittori una maggioranza di scriventi".
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