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Il bloc notes di un genio. Rileggendo con Verdiglione gli "appunti" del Vinciano (GAZZETTA DI PARMA, 11 ottobre 1994) Come leggere Leonardo da Vinci, oggi, nella sua integrità senza cadere negli offuscamenti, nelle limitazioni, nelle illuminazioni dell’epoca che per cinque secoli ci hanno descritto un Leonardo ora precursore, ora eretico, ora stregone senza peraltro risparmiargli l’ambiguità o l’omosessualità, il naturalismo o il patriottismo, il genio o la follia? Perché leggerlo oggi, a cinquecento anni? Anzitutto per una curiosità intellettuale. Delle centomila pagine lasciate da Leonardo, soltanto novemila ci sono pervenute. Alcuni codici, il trattato sulla pittura (ricostruito con i fogli che ci sono giunti sull’argomento) e alcune opere pittoriche. Di altre opere si trova qua e là qualche traccia, moltissime gli vengono attribuite senza criteri scientifici, tutto il resto, evidentemente, giace perduto da qualche parte. Leonardo scriveva su fogli, anche di quaderno, e ciascun foglio per la sua particolarità e unicità è un’opera a sé. Appunti, disegni, calcoli, riflessioni: di argomenti differenti e senza nessuna apparente connessione. Nella scrittura, da destra verso sinistra, dal basso verso l’alto, nessuna punteggiatura, a volte solo un riferimento, o un aforisma, o una parabola. Una trovata di Leonardo? Assolutamente. Introduzione incessante del tempo, del ritmo. Danza, musica, architettura nella scrittura veloce, contratta, parole stenografate quando ancora non era stata inventata la stenografia, fissate nero su bianco come se fossero, altrimenti, in procinto di dissolversi. E, nello stesso foglio, parabole, ellissi, iperboli, spirali nei disegni, nei particolari di una figura, nell’anatomia dell’immagine del corpo: muscoli, cranio, articolazioni e movimento: torsione, trazione, rotazione. Nessun disegno, abbozzo o pittura è senza movimento. Distinguere le opere pittoriche dai fogli di Leonardo? Sarebbe come lottizzare Leonardo e ricadere nell’arcaismo del genio poliedrico, scartandone
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