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L'abilità di Kafka di far raggiungere i suoi sentimenti al lettore è straordinaria. E' un libro che ho letto con calma per poterne assaporare tutte le sfumature e per poter apprezzare appieno la personalità complessa dello scrittore. E' una lettera che vorrebbe aprire le porte a un dialogo fra genitori e figli, ma spesso un muro troppo alto non lo permette. Chissà quanti di noi vorrebbero aprire almeno una di queste porte e varcarne la soglia prima che sia troppo tardi, eppure... Lo consiglio a chi vuole entrare in un labirinto di dubbi e paure; a chi vuole sondare l'insondabile dell'animo umano.
L'ho letto diversi anni fa. Mi è piaciuta moltissimo questa Lettera. Emergono nitidamente tutte le frustrazioni, i tormenti, le carenze affettive di un figlio incompreso e dalla personalità sensibilissima.
"Lettera al padre" è una lettura d' obbligo, ma se si è pronti a comprendere il dolore umano di non potersi scegliere i propri familiari. Ne "La metamorfosi" la casa di Gregor ci parla delle porte, che simboleggiano il desiderio di andarsene dai genitori. Della figura genitoriale autoritaria, ne hanno scritto tutti i grandi della letteratura oocidentale di 800- 900, per esempio il padre nei "Fratelli Karamazov", che ispirò Freud, per il suo saggio sul parricidio. I docenti devono dare questa lettura ed interrogare gli studenti. Se non è il padre è sempre, prima o dopo, l' Autorità, in cui ognuno di noi si imbatte, e che può provocare disagi e scontentezza, che le pillole possono solo attenuare. Meglio sarebbe, dunque, capire il senso di questo capolavoro, da giovani, per non scoprirsi inermi davanti al mobbing del capo ufficio, per il quale, chi non ha capito Kafka potrebbe arrivare a tirarsi una rivoltellata, essendosi illuso di potere vivere una vita in cui i conflitti con chi gli sta più vicino siano facilmente risolvibili. Come Kafka e i più fortunati tra noi non hanno scelto il padre, così non scegliamo il capo ufficio. Non capire Kafka, inotre, non rende consapevoli delle difficoltà che ci sono in ogni relazione, anche quella di coppia o di amicizia, che spesso collassano per l' incapacità di viverle nella loro complessità. Non esistono relazioni autentiche se non ambivalenti, in cui spesso oltre ad odiare l' altro lo si ama. Per questo i rapporti falliscono: ci si comporta come i bambini, che hanno bisogno di tutto, senza prendersi le responsabilità di quando arriva il tempo di dare per primi. Kafka ha tentato di dare al padre, invece è riuscito con le sue sorelle, cui era legato da un amore costruito sulla comprensione reciproca.
Recensioni
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Mai come nella lettera al padre, scritta nel novembre del 1919, affidata alla madre senza tuttavia giungere al destinatario, Kafka ci ha dato un ritratto così lucido di sé. E molti dei motivi che vengono toccati in questa confessione anche spietata - primo fra tutti quello di "un immenso senso di colpa" - non possono che ricordare i suoi personaggi più famosi. Quello che qui viene messo in scena è un vero e proprio conflitto. Figura che incarna un'autorità assoluta, che "ha l'aspetto enigmatico dei tiranni, la cui legge si fonda sulla loro persona, non sul pensiero"; agli occhi di Kafka il padre appare come il tipico rappresentante di un mondo da cui egli invece si sente escluso: pratico, utilitaristico, ben lontano dalle sue aspirazioni. Così, in pagine di forte impatto emotivo, Kafka svela la sua natura di "figlio disederato" e proscritto, non compreso nella vocazione di scrittore, inquieto e in cerca di conferme quanto il suo avversario ostenta sicurezza. Nel saggio posto in appendice Georges Bataille indaga in modo provocatorio sui momenti di questa contesa. L'esperienza di Kafka diventa anche occasione per interrogarsi sul senso ultimo della letteratura. Forse nessun altro scrittore ha saputo mostrare come quel senso sia tutt'uno con la vita stessa.
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