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Hester Prynne, la protagonista di questo romanzo, è colei che porta la lettera scarlatta. La lettera scarlatta è un odioso e infame segno della manifesta colpa adulterina della donna. Questo simbolo non rappresenta solo il marchio del peccato e la pena da scontare (Hester Prynne è obbligata a portarla per sempre sul petto, tenendola bene in vista). Esso è la cifra di una società. Non è bene fare paragoni tra epoche e luoghi differenti; è utile però evidenziare come l'amarezza di certe vicende lontane nel tempo e nello spazio, siano ancora oggi perfettamente calzanti e attuali, e siano proprie e connotanti di alcuni ambienti della nostra società. È odioso parlare di violenza sulle donne nel XXI secolo del mondo cosiddetto "civile", eppure non si può che prendere atto che il cammino è lungo ancora per l'uomo bianco. Per questo motivo, non si può non pensare alla violenza subita da madri, spose, fidanzate e figlie, quando si leggono le azioni di un uomo come Roger Chillingworth, il quale condanna una donna, con il silenzio opportunista e vigliacco, alla dannazione pubblica in quanto "peccatrice", in quanto depositaria della sua stessa colpa perché donna e quindi fautrice della sua stessa pena. Come si fa a non parlare di femminicidio quando Arthur Dimmesdale, "rispettabilissimo" uomo di chiesa, accompagna Hester Prynne, con la bambina di pochi mesi al seno, al patibolo per il pubblico disprezzo, lui che è complice e padre di quella bambina. Due uomini, due complici di un misfatto nei confronti di una donna, che ha amato e che non ha voluto disonorare due uomini, che hanno scelto – nella codardia – di scrollarsi di dosso una responsabilità grande e bruciante: Arthur Dimmesdale, uomo di chiesa; Roger Chillingworth, uomo di scienza.
La lettera scarlatta è un romanzo che mi ha fatto vivere l’esperienza di lettura in preda alla tenerezza, all’irritazione per il giudizio affrettato delle persone e molto altro. Onestamente trovo che quest’opera riesca a coinvolgere appieno il lettore, trascinandolo negli eventi come un invisibile spettatore della vicenda. Lettura davvero piacevole.
Siamo nel New England, il periodo storico è il XVII secolo, in pieno puritanesimo. La giovane Hester Prynne è una giovane donna sposata, condannata per adulterio nella puritana Boston, costretta a portare per sempre sul seno una fiammeggiante, scarlatta, lettera A. La A di adulterio, naturalmente. Una punizione crudele, visibile, che di fatto la isola dal resto della comunità. Esposta al pubblico biasimo, non vuole rivelare chi sia il suo amante, per amore, per evitargli il suo medesimo disonore. Dimmesdale, uno degli uomini più rispettati della comunità, si tormenta per la sua vigliaccheria e per l’ipocrisia con la quale conduce la sua vita. Nel frattempo, il marito di Hester torna a casa e lui chiede alla moglie di mantenere segreta la sua identità nei confronti della comunità poichè vuole evitare le reazioni della gente e vuole, anche, investigare sull’identità dell’amante della moglie. La vicenda si snoda quindi attraverso un atipico triangolo che si viene a formare tra Hester, Roger (il marito) e Dimmesdale, con un crescendo di tensione, sofferenza e angoscia che porta alla rivelazione finale. Hawthorne fa di Ester un personaggio esemplare: condanna la terribile rigidità puritana, riconosce la violenza di cui la società si rende colpevole, le dona tutta la sua compassione, la sua pietà. La facilità con cui ci caliamo nei panni di Hester Prynne o dei suoi giudici, ci può far capire quanto il romanzo tratti questioni con cui abbiamo a che fare ogni giorno, dagli insulti alle donne su Internet al femminicidio. Eliminando la morale religiosa rimane un odio insensato per una donna che ha macchiato l’onore di un uomo e che per questo dovrà portare la sua punizione per tutta la vita. Questo perché quella non è più una donna, ma è diventata la personificazione della libertà e delle passioni umane.
Recensioni
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