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Se posso permettermi, la tolleranza è solo apparente. Tutte le tesi e le dimostrazioni da lui esposte sono senza alcun dubbio ragionevoli, ed alcune le condivido io stesso, ma è a mio parere sciocco scrivere un'epistola sulla tolleranza e poi dire, nel corso della stessa, di non dover tollerare cattolici e atei, tra l'altro per ragioni davvero discutibili. Credo abbia davvero ragione Hobbes.
La tolleranza di cui parla Locke è la tolleranza tra protestanti, non verso i cattolici. Con i cattolici non si può essere tolleranti perché antepongono la lealtà al Papa a a quella al re d'Inghilterra e, inoltre, sono dovunque intolleranti verso i protestanti. Ecco una bella domanda: si può/si deve essere tolleranti con gli intolleranti ? Per inquadrare meglio storicamente il trattato, bisogna sapere che Locke fu il filosofo della "Gloriosa Rivoluzione" del 1688, con cui la borghesia protestante si impadronì del potere in Inghilterra, costringendo alla fuga il re, il cattolico Giacomo II Stuart.
In un’epoca in cui ogni giorno si osserva come il confronto razziale e religioso avveleni l’ambiente moderno, dove continue reciproche accuse dominano gli organi informativi, soprattutto in seguito all'assurda azione sanguinaria di terroristi che si esplodono in mezzo alla folla, in nome della religione, il capolavoro dell’EPISTOLA SULLA TOLLERANZA di Locke si presnta oltremodo attuale. Infatti, il grande liberale britannico la scriveva nel lontano 1685, quando, un po’ come oggi, in Europa fra Cristiani e Musulmani, le divergenze fra cattolici e protestanti sembravano inasprirsi al punto di trasformarsi in aperto conflitto. Eppure, non tutti sanno che una buona parte degli Islamici, prima delle crociate praticava un'esemplare tolleranza verso chi credeva nello stesso Dio, di dottrine totalmente distinte. Di questa tradizione ci parlerà anche l'esimio Voltaire, osservando come noi Cristiani non ci comportavamo altrettanto tolleranti e famosa era, invece, la grande liberalità praticata da Saladino. In questo nostro clima, dunque, l’opera di Locke costituisce una vera esortazione alla civile convivenza fra esseri umani che interpretano e praticano la propria fede in modi diversi. Allora, come oggi, la fede si confondeva ambiguamente con il potere politico, minacciando la pace. La fede, però, è una questione di scelta del tutto personale in cui l’individuo liberamente segue una dottrina in modo assolutamente spontaneo, libero da imposizioni o coercizioni di carattere politico. Infatti, la fede istituzionalizzata costituisce non più un atto interiore dell’individuo indipendende, ma una forma esteriore di militanza collettiva che non avvicina il suo spirito a ciò che ognuno intende per Dio ma, al contrario, lo condiziona alla cieca sudditanza nella disciplina di pratiche mondane e di riti dettati da altri comuni esseri umani. Questa lettura, a mio avviso, dovrebbe essere presente e studiata in tutte le nostre scuole, proprio perché essa rappresenta un'autentica quanto rara ed utile lezione di umana e civile convivenza.
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