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1992
10 febbraio 1992
Libro universitario
680 p.
9788815032843

Voce della critica

GRAZIANI, AUGUSTO, Teoria economica. Macroeconomia, Edizioni Scientifiche Italiane, 1992
CASAROSA, CARLO, Manuale di Macroeconomia, La Nuova Italia Scientifica, 1991
BLANCHARD, OLIVIER JEAN / FISCHER, STANLEY, Lezioni di macroeconomia, Il Mulino, 1992
recensione di Bellofiore, R., L'Indice 1992, n. 6

La teoria macroeconomica è stata negli ultimi vent'anni teatro di accese controversie. Cosa ne sia sedimentato è anch'esso, comunque, oggetto di discussione. È certo visibile ad occhio nudo una drastica ridefinizione del metodo adottato, così come un allargamento dell'orizzonte di ricerca che attraversa un po' tutti gli orientamenti in competizione. Altrettanto certamente, non è però emersa una nuova sintesi comunemente accettata, n‚ si assiste ad una radicalizzazione delle alternative teoriche. Sembrano piuttosto essersi "imbastardite" - per prendere a prestito l'espressione da John Robinson - le opzioni forti, neoclassica e autenticamente keynesiana, che si contendevano il campo in quegli anni dell'alta teoria che videro nascere la disciplina. Ha di conseguenza preso il centro della scena una sorta di eclettismo che accoppia al maggior rigore della strumentazione usata una minor pretesa unitaria.
Una testimonianza al massimo livello di questo stato delle cose - che accoppia, diciamo così, il "bene" del pluralismo teorico al "male" di una certa indeterminazione, incompletezza, e necessaria incoerenza degli schemi categoriali - la si trova nel volume di Olivier Blanchard e Stanley Fischer, "Lezioni di macroeconomia". Il testo, di taglio avanzato, raccoglie i frutti di anni di ricerca e di didattica dei due autori tra Harvard e il Mit di Boston, cioè tra quelli che sono oggi i luoghi di riferimento degli economisti di impronta tradizionale ma con simpatie vagamente keynesiane: disposti dunque ad applicare il paradigma (universale) del comportamento individuale ottimizzante a svariate situazioni (particolari) caratterizzate da diverse ipotesi di partenza. Vi si ritrova una eccellente rassegna di alcuni dei più significativi temi di frontiera della macroeconomia contemporanea: dall'applicazione dei modelli monetari a generazioni sovrapposte alla molteplicità degli equilibri e alle bolle speculative; dai modelli dinamici con aspettative razionali della nuova macroeconomia "classica" e dai modelli del ciclo reale ai tentativi neokeynesiani di spiegazione della rigidità del salario reale e alla teoria del razionamento del credito.
Come sottolineano gli stessi autori, un tratto comune delle nuove linee di ricerca è comunque possibile individuarlo: esso sta nell'indicare le proprietà di equilibrio generale dinamico di un sistema economico decentrato con mercati incompleti e imperfetti. Come è possibile intuire, ciò lascia trapelare dietro l'eclettismo una solida fondazione neoclassica, peraltro rivendicata da Blanchard e Fischer. Non si tratta tanto di "credere" nella capacità esplicativa di una teoria che immagina individui sempre razionali e mercati concorrenziali continuamente in equilibrio, quanto semmai di introdurre imperfezioni e limiti "come deviazioni da uno schema di riferimento pienamente compreso": l'unico, per ora, che possa vantare l'attributo della generalità, dell'essenzialità delle ipotesi di partenza - anche se già si intravedono, da parte di alcuni esponenti della corrente "nuovo keynesiana", alcuni primi tentativi di costruire libri di testo fondati sull'ipotesi di normalità di una situazione di concorrenza imperfetta (basti pensare, negli Stati Uniti, ai testi di Stiglitz-Greenwald-Weiss o di Mankiw, e in Inghilterra a quello di Carlin-Soskice).
Uno dei caratteri distintivi dell'elaborazione più recente è dunque il tentativo di "fondare" l'andamento sistemico, "macroeconomico", dell'economia sul comportamento individuale, "microeconomico", dei singoli agenti separati. Questi ultimi sono visti come tutti tesi a rendere massimo il proprio benessere personale - si tratti dell'utilità per il consumatore o del profitto per l'imprenditore - sotto i vincoli che sono dettati dal mercato, nell'ipotesi che la domanda del "bene" che si vuoi massimizzare sia decrescente al crescere della sua disponibilità. Ciononostante, i manuali introduttivi alla materia - inclusi quelli anglosassoni più diffusi e tradotti da noi: basti pensare all'ormai rodato "Macroeconomia" di Dornbusch-Fischer (il Mulino sta per distribuirne la quinta edizione), o ai non meno efficaci testi di Hall-Taylor (Hoepli, Milano) e di Parkin-Bade (Etas, Milano) - non ne tengono gran conto. Si preferisce far riferimento ai "fatti, alle generalizzazioni empiriche, pur nella comune adesione all'impostazione individualistica.
Segna dunque un deciso passo in avanti sul piano del rigore il "Manuale di macroeconomia" di Carlo Casarosa. Qui ci si fa un punto d'onore di far precedere sempre alla considerazione macroeconomica delle relazioni aggregate una analisi microeconomica dell'appropriato comportamento degli agenti. Tra i presupposti microeconomici viene ovviamente dato largo primato alla concorrenza perfetta, senza però trascurare le altre possibili ipotesi. Ogni volta l'analisi di una posizione di equilibrio del sistema si svolge discutendone - come è d'uso nei manuali di microeconomia - l'esistenza, l'unicità, la stabilità. In generale un obiettivo, largamente raggiunto, del volume è la completezza: sia nella forma dell'argomentazione, che accoppia la derivazione formale all'esposizione grafica alla chiarificazione (a volte troppo veloce) della sostanza economica dei modelli via via presentati, sia nella copertura a largo raggio degli argomenti che si è scelto di trattare. Il lettore troverà così un'esposizione decisamente più approfondita del consueto del ruolo del mercato del lavoro (in particolare del lato dell'offerta), e quindi dell'offerta aggregata, della curva di Phillips, e della teoria dell'inflazione conflittuale.
Il libro di Casarola si presenta, in. somma, come la migliore introduzione per accedere alla discussione più avanzata. Accanto ai benefici, vi sono peraltro dei costi, sul piano contenutistico e su quello didattico, da tenere in conto. Per quanto riguarda il primo aspetto, poco si dice, almeno esplicitamente e con l'eccezione della "nuova macroeconomia classica", dei più recenti orientamenti; inoltre, è abbastanza frettolosa la parte dedicata all'offerta di moneta. Per quanto riguarda il secondo aspetto, benché se ne intuiscano le ragioni in un mondo sempre più interdipendente, non sembra molto felice la scelta di non accorpare ma di disperdere nei vari capitoli la discussione dell'economia "aperta", che di norma viene esposta soltanto una volta conclusa l'esposizione dell'economia "chiusa", acquistando così in compattezza e chiarezza. Il testo è inoltre faticoso per lo studente, privo com'è di esempi numerici, di studi di caso, di ausili didattici. Il volume, che è alla sua prima edizione, in futuro potrebbe giovarsi della pubblicazione parallela di una "guida allo studio" e, perché no?, di una più fantasiosa veste grafica.
Carattere di eccellenza ha anche il manuale di Augusto Graziani, "Teoria economica. Macroeconomia", giunto ormai alla quarta edizione. Oltre alla limpidezza cristallina dell'esposizione e alla ricchezza del percorso bibliografico, il volume presenta anche un'assoluta originalità sul piano del metodo e del contenuto, che ben risalta dal confronto tanto con la manualistica anglosassone quanto con il volume di Casarosa. In effetti, anche quest'ultimo non si distacca granché da una rinnovata sintesi neoclassica temperata dall'eclettismo. Semmai, i vincoli dettati dal livello non avanzato della destinazione rendono ancora più trasparente il paradossale ritorno, dopo anni di avanzamenti teorici, alle conclusioni sedicenti "keynesiane" di Modigliani e Hicks, e alla rivalsa neoclassica di Pigou e Patinkin. La disoccupazione involontaria torna a essere un "caso particolare" dovuto a lentezze, rigidità e imperfezioni, soprattutto del salario monetario; un fenomeno di disequilibrio astrattamente, anche se poco realisticamente, riassorbibile da un sistema con piena flessibilità di prezzi e salari. L'eclettismo di Casarosa, e un parziale superamento della sintesi neoclassica, sta semmai nel prendersi una certa libertà negli assunti di base: la flessibilità del salario monetario, e forse anche dei prezzi, viene infatti presentata come un punto di partenza altrettanto "particolare" della loro eventuale rigidità.
Nell'impostazione di Graziani ogni eclettismo è bandito. Il manuale ripercorre storicamente tutta la macroeconomia monetaria del Novecento: da Wicksell e Schumpeter a Rovertson e Kalecki, dalla sintesi neoclassica e dal monetarismo alla teoria del disequilibrio alla teoria delle aspettative razionali; dalle eresie postkeynesiana e neoricardiana al "nuovo" keynesismo. Il cuore del volume è comunque l'impostazione di Keynes, sia nel "Trattato sulla moneta" sia nella "Teoria generale". Al centro del ragionamento stanno due punti: il primo è l'abbandono dell'impostazione individualistica a favore di una analisi sociale in cui il comportamento individuale è determinato dall'appartenenza di classe: la macroeconomia è così nettamente distinta da, e precede logicamente, la microeconomia; la ricerca del profitto è la caccia illimitata alla ricchezza astratta, il riducibile alla massimizzazione dell'utilità. Il secondo è l'endogeneità dell'offerta di moneta (credito) come caratteristica strutturale del circuito di un'economia capitalistica, dove vanno distinti i gruppi delle banche, delle imprese, dei lavoratori.
Seguendo questa impostazione, la "rigidità" del salario monetario, l'unica variabile che può essere contrattata dai lavoratori sul mercato del lavoro, è una circostanza inevitabile nel processo capitalistico: tale rigidità è comunque irrilevante ai fini della determinazione dell'occupazione, dal momento che il salario reale è fissato sul mercato dei prodotti. La deflazione non può condurre ad alcun riaggiustamento automatico, perché in un ipotetico mondo neoclassico con equilibrio generale (in cui dunque anche il bilancio dello stato sia in pareggio) la caduta dei salari monetari e dei prezzi si accompagna ad una caduta dell'offerta di moneta nominale, e non può aversi alcun aumento compensativo della domanda. La disoccupazione involontaria torna ad essere, come appunto era in Keynes, la condizione normale di un sistema di "libero" mercato: il che spiega l'assenza in questo volume di un'attenzione pari a quella di Casarosa alle scelte (comunque disattese) dei lavoratori e alla curva di offerta aggregata (inesistente, se non in quanto relazione, implicita nella domanda di lavoro, tra la produzione determinata dalla domanda di beni e il livello dei prezzi che sotto quelle condizioni massimizza il profitto delle imprese).

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