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Libretti d'opera italiani - Paola Fabbri,Giovanna Gronda - copertina
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Descrizione


Il volume si propone, oltre che come repertorio di capolavori operistici, anche come guida alla conoscenza di un genere, il libretto per musica, da considerare autonomo e importante nel panorama della nostra storia letteraria, una forma di produzione del tutto equiparabile ad altre forme di letteratura, di intrattenimento e di consumo.
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Dettagli

1997
4 novembre 1997
1968 p.
9788804422587

Valutazioni e recensioni

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M.P.
Recensioni: 4/5

Dal fuori scena del recitativo a soggetto sino al declamato senza oggetto in scena, l'Opera Lirica italiana è stata per poco meno di Mezzo Millennio materia o disposizione al melodramma, in cifra o essenza, nella scrittura per musica, dopo il latino canonico del Sacro (nel Barocco Napoletano) e prima del farsi dei modi profani tedeschi-mitteleuropei (nell'Espressionismo contemporaneo). Di questo lunghissimo periodo, segnato dagli abissi delle solitudini delle arti incomprese e dalle altezze dei poteri politici delle nascenti Nazioni europee, non era possibile comporre sillogi - pur sempre letterarie - che non fossero arbitrarie, fin tanto che storia perduta e vicenda smarrita non ne consentissero e le più varie. Criterio etnico e metodo sociale permisero questa successione, pubblicata ne "I Meridiani": espressione editoriale che in tal caso fu anche formula piena di ricerca e di scelta. Titolo composto e aperto, presago di future nullità cui non restare, esso non si spiega se comparato all'oggi. Casi odierni sottopongono intelletti e sensibilità al dissidio non intellettuale. Un esempio notissimo la famigerata ossessione, topica e sociologica, de "il suicidio della cameriera", della quale mimetica protagonista di queste settimane l'Opinione Pubblica di tanti Stati in Occidente... ma cui a dispetto - e con dispetto! - delle apparenze non delle verità etnologiche, non corrisponde alcun reale melodramma. I tardi orientalismi musicali sono di tutt'altra realtà: non per squallide ubriachezze di moltitudini non per vili drogaggi di massa non per vigliacche dimenticanze di gruppo... / Esempio: può dirsi melodrammatica la squallida vicenda...: di quelli che odiano biologie elementari per imitar veterinaria e annegarci i rimorsi del latte bovino tracannato a torto e in oblio dei nuovi freddi ?? Risposta: No!! // MAURO PASTORE

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Marianna
Recensioni: 5/5

L'ho trovato in una delle note a piè di pagina di un saggio di Raffaele Mellace "Gli intermezzi di Pergolesi e di Hasse: due produzioni a confronto. Lo consiglio!

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Voce della critica


recensione di L'Indice 1998, n. 2

La generazione che fu adolescente al principio degli anni cinquanta ricorda le censure che in quel periodo di maccartismo puristico agivano sul terreno della musica e del teatro musicale. A uno studente di Conservatorio era vietato mostrare interesse per Cÿajkovskij o per Rachmaninov, e in ossequio a puristici dogmi era d'obbligo dare di Verdi o di Donizetti o di Puccini un giudizio fortemente riduttivo, anche senza conoscere davvero il lascito operistico di quei compositori. Immancabile la condanna dei libretti d'opera italiani: testi goffi e talora triviali, si diceva, e sovente ridicoli in celebri passi oggetto di proverbiale derisione. A metà degli anni sessanta sbocciò la "renaissance" verdiana, a partire dai settanta quella rossiniana: l'opera italiana degli ultimi due secoli riprese visibilità nella sfera della musicologia. Si avviò la rivisitazione critica e filologica dei libretti d'opera. Sopravviveva però un equivoco dagli effetti riduttivi. Non nel lavoro di un Lippmann o di una Cella o di un Rescigno, ma in quello dei "letterati" di formazione, persisteva l'uso di considerare i libretti come "letteratura", e, inevitabilmente, mediocre letteratura e mediocrissima poesia, laddove essi vanno giudicati come elemento di drammaturgia, e di quel genere particolarissimo che è la drammaturgia musicale.
Date le premesse, il lavoro di un'italianista ""agguerrita e notoriamente severa con se stessa com'è Giovanna Gronda, e di un musicologo estroso e curioso com'è Paolo Fabbri, segna il raggiungimento di una meta. Alla Gronda si deve la giusta collocazione dell'oggetto, sancita nel primo dei due saggi introduttivi, "Il libretto d'opera fra letteratura e teatro"; a Fabbri si deve l'indicazione di quel tema centrale che segna il solco in "Prima la musica, poi le parole" di Casti e Salieri e si fa linea luminosa in "Capriccio" di Strauss. Il tema è sottolineato nel titolo del secondo saggio, mutuato da una frase del letterato secentesco Giulio Strozzi: "La musica è sorella di quella poesia che vuole assorellarsi seco". Non rivestimento, per quanto abile, non arte applicata, ma trasfusione di sangue e nascita di una misteriosa terza arte. Sullo sviluppo di questa idea forte si misura e si apprezza la scelta dei 34 testi, che si succedono in ordine storico, partendo dall'incunabolo del melodramma, la "Dafne" di Ottavio Rinuccini (1598) per la musica di Jacopo Peri e Jacopo Corsi, attraversando il Seicento di Busenello e Cicognini, il Settecento di Zeno, Saddùmene, Metastasio, Calzabigi, Casti e Da Ponte, l'Ottocento di Sterbini, Romani, Piave e Boito, il Novecento di Giacosa, Illica, Forzano, Malipiero e Dallapiccola, giungendo sino a Nono e Sanguineti-Berio. L'accostamento di testi rarissimi, di cui si accoglie con gioia l'accuratissima edizione, ad altri vulgatissimi si giustifica così con il progetto dei curatori: non un campione, non un'antologia, ma il disegno esemplare di una drammaturgia operistica che procede scandita da pietre miliari.

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La recensione di IBS

Dalle origini del melodramma al contemporaneo Sanguineti, attraverso Metastasio, Goldoni, Da Ponte, Leoncavallo, Boito e Malipiero: alla librettistica si sono dedicati tutti i più grandi scrittori della nostra letteratura. Ma il Meridiano non raccoglie soltanto libretti celebri di autori noti: vi compaiono anche testi inediti, rarissimi e allo stesso tempo fondamentali per la storia del genere letterario. L'antologia - costituita da trentaquattro libretti - si propone infatti, oltre che come repertorio di capolavori, soprattutto come guida alla conoscenza del genere "libretto d'opera". I testi sono trascritti con grande cura filologica dalle edizioni originali; ciascun libretto presenta inoltre una specifica introduzione, la riproduzione del frontespizio originale e un apparato di note filologiche. Due i saggi introduttivi: uno di carattere letterario, l'altro musicologico.

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