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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Consiglierei questo libro solo a chi ha già un'infarinatura di filosofia: la storia del legame tra il filosofo e il lupo resta bella e profonda, ma tuttavia credo che la lettura di questo libro possa venire pianamente apprezzata solo se si ha già un pò dimestichezza con la filosofia... diversamente la lettura potrebbe risultare un pò pesante o noiosa. Da "filosofa" laureata posso dire che gli spunti filosofici non sono malvagi, ma in ogni caso ciò che mi ha colpito di più è stato proprio il rapporto uomo-lupo e il senso che Brenin è riuscito a dare alla vita di Mark.
Questo libro miè piaciuto molto anche se leggere l'ultima parte è stata una sofferenza davvero xchè ho rivissuto la perdita del mio cagnone e forse quindi sono un po di parte....comunque bello xchè è riuscito a dosare la parte folosofica con il racconto del quotidiano quindi bello il confronto tra scimmia e lupo anche se la vera folosofia era nel racconto della vita trascorsa con un animale splendido e con una grande dignità. Peccato solo che dopo un intero libro fatto di vita libera e anticonformista alla fine anche l'autore si è uniformato alla società anche se so che ad una certa età è necessario. comunque bello davvero mi ha commosso e mi ha anche insegnato qualcosa.....
Il lupo mi ha sempre affascinato per il suo istinto che lo rende un animale unico e ho sempre ritenuto che la filosofia avesse molto da condividere con il suo modo di essere così particolare. L'autore riesce bene nell'intento di creare questo ponte concettuale. Interessante poi lo svelamento che durante la lettura del libro fa apparire l'uomo che è nascosto dietro il filosofo, che tratta temi così importanti riuscendo anche a trasmettere emozioni di grande profondità.
Recensioni
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Undici anni in compagnia di un lupo. Brenin, acquistato a sei mesi di vita da un giovane assistente di filosofia dell'università dell'Alabama, è il nome dell'animale protagonista di queste pagine. Mark Rowlands, cresciuto in una famiglia amante dei cani, si innamorò di quel suo "fratello lupo" e se lo mise in casa durante una pausa estiva delle lezioni universitarie. Da quel giorno la vita del professore americano cambiò e, adesso che il lupo non c'è più, prova a descrivere le lezioni di vita apprese dalla natura selvaggia del suo originale coinqulino e il senso di questa curiosa esperienza.
La prima regola della loro convivenza fu subito molto chiara: Brenin non doveva mai, in nessuna circostanza e per nessuna ragione, essere lasciato da solo in casa. I lupi infatti si annoiano molto, molto in fretta. Adottata quindi la regola del «dove vai tu, vengo anch'io», Rowlands addestrò l'animale con metodi calmi ma inesorabili: una corda di cinque metri fissata al collare a strozzo, e quattro comandi («Vai, Fermo, Qui, Proibito!») pronunciati con voce gutturale, come un ringhio. Il successo di questi metodi gli consentì così di passeggiare con Brenin libero dal guinzaglio e di instaurare col lupo un rapporto fraterno, di tutela più che di proprietà. Lo portò con sé ai corsi universitari e, con l'animale accovacciato sotto la cattedra, dovette rassicurare gli studenti con un cartello: «Per favore, non badate al lupo, non vi farà alcun male», ma con anche scritto: «Se avete cibo nello zaino, assicuratevi che sia ermeticamente chiuso».
Le corse nei prati e nei boschi dell'Alabama, con questo animale che al primo anno di vita era già di ottantasei centimetri per cinquantaquattro chili, divennero l'occasione per osservarne il movimento: a differenza dei cani, i lupi corrono avanti e indietro con spalle e dorso che restano piatti e orizzontali. Visti da lontano danno l'impressione di galleggiare a qualche centimetro da terra: scivolano senza sforzo sul terreno, silenziosi, fluidi, senza trottare con movimenti in verticale. L'anima del lupo emerge, secondo l'autore, dal suo movimento. è un animale incredibilmente forte, indifferente o gentile con i cani palesemente più deboli di lui. In questo risiede la sua "moralità": non sfrutta, non converte il debole, non si adatta scimmiescamente alle circostanze. Il lupo non è furbo come la scimmia, non calcola mai.
Rowlands insiste molto sulla scimmia che è in noi, su quella furtiva anima scimmiesca convinta che la cosa più importante nella vita sia riuscire ad arrivare in cima alla scala sociale (successo, lavoro, carriera, potere) mediante ragioni strumentali, bugie e complotti. A quella natura, l'autore contrappone la "filosofia di Brenin", il lupo che ci insegna la freddezza e l'istinto dei momenti estremi, a vivere il presente dell'istante e non la durata del tempo, a Essere più che ad Avere. E quella natura selvaggia e indomabile del lupo trasmette a chi legge il senso della sfida come unica possibilità di vita autentica e di redenzione dalle nostre bassezze.
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