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MAESTRO DELLA TESTA SFONDATA (IL) di TUZZI HANS
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Di cliché del poliziesco ce sono parecchi: il commissario Melis è fumatore di pipa, dal metodo investigativo paziente e attento al contesto sociale, quanto il buon Maigret; c'è anche un po' di Montalbano per umanità e senso etico, ed è una sorta di alter ego riflessivo del Duca Lamberti, creatura dell'ottimo noirista Scerbanenco con il quale cammina per le stesse strade di Milano, ma vede paesaggi morali diversi. Anche la consueta distanza intellettuale che lo distingue dai suoi sottoposti è da considerarsi un cliché piuttosto sfruttato soprattutto nei polizieschi italiani (Catarella in Montalbano e Deruta in Rocco Schiavone, per citarne un paio), che però in Tuzzi non arrivano al caricaturale da commedia all'italiana. Ne ho lette decine fra thriller/hard- boiled/gialli/noir dai quattro angoli del mondo, e posso dire che questo è un buon giallo procedurale d’autore in salsa bibliografica; colto e con una forte impronta letteraria e storica, ma anche un poliziesco realistico, che riflette la Milano degli anni ’70 e le tensioni sociali del tempo. Tuzzi mescola introspezione, cultura e indagine, rendendo il romanzo un ibrido raffinato tra i due generi. «Quella città stava cambiando, stava cambiando nella pelle e nell'anima, nella tempera della sua grande borghesia e nella umile, silenziosa lena della sua classe lavoratrice: erano finiti per sempre, gli anni della ricostruzione, gli anni del miracolo a Milano [...] quella città stava cambiando, per sempre...» Quindi, se proprio proprio - dopo aver praticamente abbandonato il genere per altri universi letterari - ogni tanto mi scappa di ritornarci, Tuzzi è sempre una buona opzione.
E' il primo libro che leggo di Tuzi. Non è male anche se l'ho trovato un pò lento. Interessanti, anche se un pò troppo lunghe, le informazioni sulle rilegature dei libri antichi. Tutto sommato si legge bene, anche se non c'è quella frenesia di saper cosa succederà nella pagina successiva.
Già dagli esordi del commissario Melis sulla scena letteraria, Tuzzi ci abitua alle ampie digressioni che si intrecciano all’indagine e che riguardano, almeno nei due libri e nel racconto che ho letto, temi che rappresentano altri suoi interessi professionali e personali: l’editoria, il collezionismo, l’arte, la cultura in ogni sua forma, e il mondo che gravita intorno a tutto questo, nonché gli aspetti tecnici sconosciuti a tanti ma capaci di arricchire la vicenda narrata di notevole fascino. Tuzzi, qui, ci introduce al mondo del libro antico e dei collezionisti. Un mondo ricco di storia, cultura e di risvolti sorprendenti. Ma come ogni mondo in cui il denaro ha il suo peso, nasconde le meschinità umane. Introduce anche la figura del protagonista che ci accompagnerà attraverso molte indagini. Ho trovato il commissario Melis un personaggio estremamente misurato e credibile, che con le sue variegate origini, si inserisce benissimo nella Milano degli anni ’70. È proprio lui, infatti, con il suo stile sobrio, a identificarsi nello spirito che più ha rappresentato la città di quegli anni difficili, già in odore di una trasformazione irreversibile. Tuzzi, con la naturalezza di chi è padrone della materia specifica in esame e della lingua italiana, riesce a mettere in relazioni temi assai tecnici legati a mondi algidi e privilegiati, e che stanno alla base del fatto delittuoso, con la routine dell’indagine, con le stanze dei commissariati segnate dagli odori di un'umanità perduta . Offre uno spaccato di mondi distantissimi che riescono a trovare coerenza attraverso la sua narrazione accurata, di qualità, dove ciascuno parla il suo linguaggio senza forzature e sbavature. Decisamente, in un panorama editoriale dove si pubblica tutto e il contrario di tutto, Tuzzi è di quelli per cui la cura dello stile linguistico è imprescindibile, e questo un segno di rispetto verso il lettore non più così scontato.
Recensioni
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